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La costruzione del tempio di Giove sul Campidoglio

Quando Tarquinio il Superbo avviò la costruzione del grande tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, fu necessario exaugurare – termine che si può rendere approssimativamente con “sconsacrare” – tutti i tempietti e gli altari che affollavano la cima di quel monte. La procedura prevedeva che fosse chiesto a ciascuna divinità se fosse disposta a cambiare sede per lasciare spazio a Giove. La tradizione riferisce che tutti accettarono di buon grado e che solo Terminus, il dio dei confini, non diede il proprio assenso. Tale diniego fu inteso come un auspicio di eternità: se il dio dei confini non aveva voluto spostarsi dalla propria sede, ciò significava che i confini di Roma, sui quali egli vegliava, sarebbero rimasti saldi e fermi in eterno. Mentre poi si scavava per porre le fondamenta del tempio, fu trovata una testa umana dal volto ancora intatto. Questo ritrovamento, secondo gli interpreti, indicava che il Campidoglio sarebbe stato la rocca dell’impero e il capo del mondo1.

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Il chiodo di Minerva e il computo del tempo

Vi è una antica legge, affissa sul lato destro del tempio di Giove Ottimo Massimo, dalla parte dove si trova la cappella di Minerva, scritta in lettere e parole arcaiche, in cui si dice che è compito del supremo magistrato conficcare il chiodo alle idi di settembre. Si narra che questo chiodo, poiché anticamente erano rari i testi scritti, dovesse indicare il numero degli anni, e che la legge fosse consacrata a Minerva, in quanto inventrice del numero. Cincio Alimento afferma che anche a Volsinii si possono vedere piantati nel tempio della dea Norzia i chiodi indicativi del numero degli anni. Secondo quanto scritto in questa legge, risulta che il console Marco Orazio dedicò il tempio di Giove Ottimo Massimo un anno dopo la cacciata dei re1.

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