Risultati ricerca

Ricerca per tag: "Mamurio Veturio"

Miti

numa_scudo

Preoccupato dall’intensità delle piogge e dall’inconsueta frequenza dei fulmini scagliati sulla terra, Numa riesce a placare la collera di Giove dopo aver catturato, grazie alle indicazioni della ninfa Egeria, le divinità dei boschi Pico e Fauno, i quali fanno in modo di trarre il dio supremo dalle sedi celesti cosicché il re possa conferire con lui, e dopo aver aggirato brillantemente la richiesta di un sacrificio umano da parte del dio, secondo un celebre scambio di battute. Numa chiede al dio di essere edotto circa la modalità di scongiurare i fulmini, e Giove gli richiede di tagliare una testa; il re risponde che lo farà, asserendo che taglierà una cipolla del proprio orto. Il dio specifica allora che il capo da tagliare deve essere di un uomo; il re acconsente, precisando che allora gli avrebbe tagliato la cima dei capelli. Ma Giove chiede una vita; Numa assente, puntualizzando che sarebbe stata la vita di un pesce. Sorridendo, il dio riconosce il re degno del colloquio con gli dèi (O vir colloquio non abigende deum!) e gli promette un dono quale pegno di sovranità. Il giorno dopo il dio mantiene la sua promessa: apertosi il cielo, ne discende uno scudo oscillante che verrà ribattezzato dal re ancile poiché appariva tagliato in tondo da ogni parte, e privo di qualsiasi angolo comunque lo si guardasse. Per evitare che l’oggetto prodigioso potesse essere sottratto, il re ordina di fabbricarne altre undici copie. Il fabbro Mamurio Veturio fu così abile nel portare a termine il suo compito che l’originale non poteva essere distinto dagli scudi appena forgiati. In ricompensa il suo nome era ricordato alla fine del Carmen dei Salii. Tullo Ostilio avrebbe creato una seconda sodalitas, i Salii Collini, con sede sul Quirinale. I dodici ancilia erano custoditi nella Regia, nella parte di essa dedicata a Marte (sacrarium Martis), assieme all’hasta Martis, una lancia particolare che veniva scossa dai generali romani prima di partire per una guerra al grido di Mars vigila1.

Leggi mito
La discesa dell’ancile e la nascita dei Sali

Nell’ottavo anno del regno di Numa, mentre Roma è sconvolta da una terribile pestilenza, cade dal cielo uno scudo di bronzo che i Romani, per via della sua forma, chiamano ancile. Lo stesso Numa racconta di aver appreso da Egeria e dalle Muse che quel dono celeste avrebbe garantito la salvezza della città. Per evitare che esso fosse rubato o cadesse in mano dei nemici, il re decide di farne costruire dai suoi artigiani undici copie perfette, in modo da nascondere l’originale. Nessuno tuttavia riesce nell’impresa – si trattava del resto di riprodurre un acheropite, ossia un oggetto non fabbricato da mano umana – tranne Mamurio Veturio, il quale chiese come ricompensa per la sua arte che il proprio nome comparisse nel canto dei Sali, i sacerdoti che Numa aveva istituito per custodire i dodici ancili1.

Leggi mito

Etichette

Mamurio Veturio

Link esterni

La ricerca non ha trovato nessun risultato.