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Tarpea

Lo sdegno dovuto al ratto delle loro donne induce gli abitanti di tre città della Sabina (Cenina, Crustumerio e Antemne) a imbracciare le armi contro Roma. Dopo che le loro spedizioni si rivelano fallimentari, un più vasto conflitto è scatenato da Tito Tazio, re della città di Curi e figura egemone presso tutti i Sabini. A differenza dei suoi predecessori, Tazio ricorre a un piano lucido, spinto fino all’inganno. La guerra ha inizio con un curioso colpo di mano: Tarpea, la giovane figlia del custode del Campidoglio, Spurio Tarpeo, si reca a prendere dell’acqua per una cerimonia sacra e in questa occasione si lascia corrompere dall’oro del nemico. La donna consente ai Sabini di impossessarsi della rocca, ma una volta ottenuto l’ambito accesso, questi la uccidono brutalmente, lanciandole addosso i loro pesanti scudi fino a soffocarla: prima di spalancare proditoriamente le porte della rocca, Tarpea aveva infatti chiesto come contraccambio ciò che i Sabini portavano al braccio sinistro. La giovane avrebbe inteso riferirsi in questo modo ai bracciali d’oro e agli anelli preziosi che i Sabini usavano indossare; ma poiché anche gli scudi venivano tradizionalmente sostenuti col braccio sinistro, la richiesta di Tarpea poté agevolmente prestarsi a un macabro e deliberato malinteso. Non mancano peraltro versioni del racconto secondo cui, lungi dall’essere una traditrice, Tarpea avrebbe tentato di far cadere in trappola i nemici in forza del suo ambiguo riferimento alla mano sinistra: ella avrebbe realmente mirato alla consegna degli scudi dopo l’ingresso in Campidoglio, fidando nell’imminente arrivo delle truppe romane sui Sabini disarmati, ma Tazio e i suoi avrebbero colto l’intenzione fraudolenta e optato per un sanguinario “contro-dono”12.

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Tarpea si fa corrompere dai nemici

Al tempo in cui il Campidoglio era sorvegliato da Spurio Tarpeio, i Sabini guidati da Tito Tazio entrarono a Roma. Fu la figlia del guardiano, Tarpea, a rendere possibile l’accesso ai nemici. La giovane vergine era uscita dalle mura per prendere l’acqua quando fu sorpresa da Tito Tazio. Tarpea guidò il nemico alla rocca, secondo alcune fonti con la promessa di ricevere in cambio i suoi gioielli d’oro1, secondo altre perché innamoratasi subitaneamente del re sabino2. In tutti i casi, la fanciulla morì, colpita dagli scudi dei nemici.

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Tazio, l’omicidio e la peste

Al tempo in cui Tito Tazio e Romolo condividevano il potere, alcuni amici e parenti di Tazio, imbattutisi negli ambasciatori dei Laurenti, li attaccarono per derubarli e li uccisero. Romolo, venuto a conoscenza dell’accaduto, voleva che quell’ingiustizia fosse subito punita, ma Tazio esitava. Allora i parenti di quelli che erano stati uccisi, disperando di ottenere giustizia, dato che gli assassini erano amici del re Tazio, assalirono quest’ultimo mentre, con Romolo, stava celebrando un sacrificio a Lavinio. Romolo seppellì Tazio, ma trascurò di punire quell’omicidio. Qualche tempo dopo, una pestilenza si abbatté sulla città, accompagnata da una pioggia di sangue. Era chiaro a tutti che quella era la punizione divina per l’uccisione degli ambasciatori laurenti, che violava le norme di giustizia. Infatti, non appena gli assassini furono puniti, i flagelli cessarono. Romolo allora purificò Roma con dei sacrifici espiatori, ed essi si continuarono a celebrare anche dopo, nei pressi della porta Ferentina1.

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