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Il cane Lailaps e la caccia alla volpe

Procri figlia del re di Atene Eretteo sposa Cefalo, giovane cacciatore, ma le cose da subito non vanno bene. Secondo alcune fonti, lei lo tradisce per poi fuggire cercando riparo a Creta, presso Minosse1; il re cretese s’innamora della giovane donna e la seduce, promettendo di donarle un giavellotto dalla traiettoria infallibile e un cane meraviglioso, che era appartenuto a sua madre Europa, cui l’aveva donato Zeus; il cane, forgiato nel bronzo da Efesto e poi magicamente animato, era una di quelle creature immortali che l’artigiano divino sapeva produrre2. Come tutte le creature di Efesto, anche questo cane era perfetto: catturava qualunque cosa inseguisse. Procri – che era un’appassionata cacciatrice – acconsente di avere un rapporto con Minosse e ottiene il cane insieme al giavellotto. Secondo altri testi3, il cane è invece un dono di Diana, che lo regala a Procri per consolarla: la donna infatti era fuggita di casa e si era data a un’esistenza solitaria, dedita alla caccia nei boschi sacri alla dea, perché Cefalo l’aveva ingiustamente accusata di tradimento. Ritornata a casa e riconciliatasi con Cefalo – anche grazie al cane e all’arma prodigiosa, che lui desidera e ottiene – trascorre anni felici cacciando insieme al marito. A un certo punto troviamo Lailaps a Tebe coinvolto nel tentativo di cattura di una volpe straordinariamente astuta e feroce. Secondo alcuni racconti Lailaps era capitato da quelle parti vagando insieme a Cefalo, condannato all’esilio per aver ucciso senza volerlo la moglie in una battuta di caccia (Apollodoro); secondo altri, invece (Ovidio, Antonino Liberale), Cefalo vi era stato chiamato dai Cadmei che, conoscendo l’infallibilità di Lailaps, gli avevano chiesto aiuto contro il feroce selvatico. La volpe aveva tana presso Teumesso e da tempo rapinava impunita non solo le stalle ma anche le culle: i tebani le offrivano ogni mese uno dei loro figli, perché altrimenti ne avrebbe rapiti di più. Nessuno riusciva a catturarla, perché aveva avuto in sorte di sfuggire a chiunque la inseguisse. Lanciato contro la volpe, Lailaps correva come solo lui sapeva fare e la volpe fuggiva come solo lei poteva: l’uno le stava alle calcagna e sembrava sempre sul punto di prenderla, ma l’altra riusciva sempre a sottrarsi, con mille finte e rigiri. L’inseguimento non avrebbe avuto mai fine. Allora Zeus decise di cristallizzare questo prodigio e tramutò cane e volpe in rocce. Secondo alcune fonti Lailaps ottenne invece di essere innalzato in cielo dove divenne la stella Sirio della costellazione del Cane Maggiore45.

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Androcle amico del leone

Androcle, schiavo del proconsole romano in Africa, fugge dal padrone e si rifugia in una caverna. La trova già occupata da un leone, che giace ferito e dolorante. L’uomo, dapprima terrorizzato, comprende che l’animale gli sta chiedendo aiuto ed estrae dalla sua zampa la spina che lo tormenta, lo medica, e ottiene così la sua fiducia. Il leone lo aiuta a restare nascosto: condivide con lui le sue prede di caccia e così vivono insieme per tre anni. Stanco di quella vita ferina, Androcle decide un giorno di andarsene: ma, ben presto catturato, venne portato a Roma per essere giustiziato. In quanto schiavo fuggitivo viene condannato ad bestias. Immesso nel circo e terrorizzato dalle belve che ormai lo circondano per sbranarlo, si accorge che uno dei leoni si avvicina scodinzolando come un cane festante: giunto al suo cospetto, l’animale congiunge il suo corpo a quello dell’uomo e lo lecca blandamente. Androcle riconosce allora il leone che aveva salvato e racconta la sua storia all’imperatore stupefatto. Secondo la versione di Eliano (più ricca di dettagli), dopo il ricongiungimento di Androcle e del leone, l’impresario dello spettacolo – sospettando una magia – aveva fatto liberare un leopardo, che aveva attaccato l’uomo: ma il leone si era frapposto per difenderlo e aveva ucciso l’altra belva. Il pubblico, estasiato, decreta che siano rilasciati entrambi, schiavo e leone. Da quel momento, Androcle viene visto girare per la città con il suo compagno felino a guinzaglio, accolto con gioia nei vicoli e nelle taverne, dove la gente li saluta con omaggi di denaro e floreali esclamando: «Ecco il leone ospite dell’uomo, e l’uomo medico del leone!».

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