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Miti

I cavalli di Achille: il dono della parola

Prima della partenza l’eroe rivolge loro parole sferzanti di incitamento: siete di stirpe divina; perciò questa volta, dice, vedete bene di riportare salvo chi vi conduce; non fate come con Patroclo, che avete lasciato morto sul campo. A queste parole Xanto abbassa la testa giù, a far cadere la criniera per terra e comincia a parlare. La dea Era gli aveva infatti concesso la capacità di articolare suoni umani, per fargli dire futuro e verità: «Questa volta ancora senz’altro ti salveremo, Achille gagliardo: vicino però t’è ormai il giorno di morte e non ne saremo noi causa, ma un gran dio e la Moira potente. E nemmeno fu per nostra lentezza o indolenza se i Teucri strapparono le armi dalle spalle di Patroclo, ma il più forte fra i numi, che Latona belle chiome partorì, lo uccise sul fronte e ne diede ad Ettore vanto. Quanto a noi due, potremmo pure galoppare assieme alle folate di Zefiro, che fra i venti si dice che sia il più veloce: per te resta comunque deciso che sarai domato dalla forza di un mortale e di un dio». Su queste ultime sillabe Erinni, dea che non tollera violazioni alla norma, rende di nuovo il cavallo incapace di articolare parole. Achille non accoglie di buon grado l’annuncio e reagisce a sua volta – non è tanto stupito che Xanto abbia parlato, quanto che gli si rivolga in quel tono, che gli ricordi la morte, mentre l’eroe si aspetterebbe che si dimostrasse solidale con lui nell’entusiasmo della vendetta imminente: «Perché, Xanto, mi predici la morte? Non devi farlo. Lo so anch’io che qui mi tocca morire […] ma non voglio mollare prima di aver incalzato abbastanza i Troiani in guerra».

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L'ariete dal vello d'oro

Nefele (la “Nuvola”, probabilmente un’Oceanina) ha due figli da Atamante, re di Beozia: si chiamano Frisso ed Elle. Ma Atamante sposa in seguito una mortale, Ino(o Demodice) dalla quale pure ha due figli. Costei vuole eliminare la prima discendenza del marito e minaccia Frisso: secondo alcuni cercando di sedurlo (Pindaro), secondo altri invece provocando una carestia e inducendo Atamante a credere che essa si sarebbe risolta solo se avesse sacrificato Frisso a Zeus. Per sottrarre i figli alla pericolosa situazione, Nephele manda a prenderli un ariete prodigioso che aveva avuto in dono da Hermes. L’animale era ricoperto da un fulgido manto di lana d’oro – era perciò chiamato Chrysomallos –, poteva volare e soprattutto parlare come un umano. Aveva perciò avvisato i due ragazzi dei pericoli che incombevano su di loro (Ecateo). Come si capisce, non si trattava di un montone qualunque e la sua origine era infatti semi-divina: era figlio di Poseidone (Nettuno) e della bellissima Teofane1. Lo avevano concepito quando il dio aveva cercato di sottrarre la ragazza ai suoi molti pretendenti, trasferendola nell’isola di Crumissa e mutando la forma di lei e di tutti gli abitanti dell’isola in quella di un gregge di pecore. Anche in quella forma Theofane spiccava comunque per bellezza. Ma i pretendenti l’avevano inseguita fin lì: sbarcati e non vedendo nessun essere umano, avevano iniziato a uccidere le pecore per farne banchetto. Vista la situazione, Nettuno trasformò quelli in lupi, mentre presa egli stesso le sembianze di un ariete, si accoppiò con Theofane. Da questa unione era nato, appunto, l’ariete dal vello d’oro. Come questo fosse finito nelle mani di Hermes e perché il dio l’avesse donato a Nefele non è dato sapere, ma è chiaro che si trattava di una bestia di rango divino. Frisso ed Elle salgono quindi in groppa all’ariete e con questo iniziano a sorvolare terre e mari. Giunti sopra le acque che separano il continente europeo da quello asiatico, Elle scivola dalla cavalcatura, precipita in mare e vi muore: da quel momento quel luogo sarà chiamato Ellespontos (il “Mare di Elle”). Frisso invece giunge sano e salvo in Colchide, dove decide di sacrificare l’ariete ad Ares (o a Zeus/ Il motivo di questa uccisione non è precisato dalle fonti. In alcuni racconti è Nefele stessa che fa promettere al figlio, una volta tratto in salvo, il sacrificio dell’animale (Igino); un'altra versione vuole che sia Hermes (precedente "proprietario" dell’animale) a suggerire a Frisso di sacrificare la bestia; oppure sarebbe stato l’animale stesso, una volta compiuta la missione di salvataggio, a rivolgere a Frisso parole umane e a suggerirgli di sacrificarlo a Zeus Fyxios (“dei fuggitivi”)2. Si sarebbe trattato insomma di qualche cosa di più che un semplice assenso della vittima, come il rito classico normalmente prevedeva dall’animale condotto all’altare: Crisomallo, già un prodigio di per sé, avrebbe organizzato uno stupefacente auto-sacrificio. Il suo manto splendente, rimosso dal cadavere, viene appeso a un albero nel bosco sacro di Ares e custodito da un enorme drakon (e lì rimarrà fino a quando Giasone non riuscirà a prenderlo, con l’aiuto di Medea). Altri dicono che il montone non fu sacrificato: si sarebbe volontariamente spogliato del proprio manto per donarlo a Frisso e, così privo del vello, sarebbe volato in cielo per diventare la costellazione dell’Ariete – per questo tale costellazione sarebbe poco luminosa (Eratostene). Diversamente, sarebbe stata Nefele a fissare l’immagine dell’Ariete prodigioso nel cielo dopo la sua morte per mano di Frisso3.

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