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La madre degli dei arriva a Roma

In una delle fasi più drammatiche della seconda guerra punica, infatti, fu richiesto il suo trasferimento a Roma, dove la dea sarebbe stata onorata col nome di Mater magna. In quell’occasione furono consultati gli Oracoli Sibillini, che così recitarono: «La madre manca, o Romani, la madre v’ordino di cercare. Quando verrà con casta mano sia accolta». L’oracolo di Delfi, consultato a sua volta per sciogliere l’ambiguità dell’oracolo, indicò che la “madre” di cui andare in cerca era la Madre degli dèi. Inizialmente Attalo I, il re di Pergamo, si oppose alla richiesta, ma la dea stessa parlò dai penetrali del proprio tempio, invitandolo a lasciarla andare nella città «degna di accogliere qualsiasi divinità». Il nero simulacro della Mater magna venne dunque imbarcato su una nave, costruita per l’occasione, e navigò tranquillo fino alle foci del Tevere, dove trovò ad attenderla cavalieri, senatori e plebe di Roma. A questo punto però la nave si incagliò, e a dispetto di ogni sforzo, non ci fu più modo di farla proseguire. Turbati dal prodigio gli uomini, spossati, abbandonano le funi con cui avevano invano tentato di disincagliare l’imbarcazione. Vi era tra i presenti Claudia Quinta, nobile discendente del vecchio Clauso, donna elegante e onesta, ma sulla cui castità correvano voci maligne. Staccatasi dal gruppo delle matrone, Claudia prima compie un gesto di purificazione, bagnandosi con l’acqua del fiume, dopo di che, inginocchiata e con i capelli sciolti, prega la dea di comprovare davanti a tutti la propria castità. Pronunziate queste parole Claudia tirò senza sforzo la corda e il viaggio della Mater riprese felicemente fino alla destinazione finale1.

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cerimonia_assedio

«Che sia dio o sia dea, tu che hai in tutela popolo e città di Cartagine, e tu soprattutto, tu che hai ricevuto la tutela di questa città e di questo popolo, supplico e prego e grazia a voi domando che il popolo e la città di Cartagine abbandoniate, che i loro luoghi templi riti e città lasciate, che da essi vi allontaniate, che a tale popolo e città paura timore oblio incutiate, che disertandoli a Roma da me dai miei veniate, che i nostri luoghi templi riti città più graditi e cari vi siano, che a me e al popolo romano e ai miei soldati guida siate affinché sappiamo e comprendiamo. Se così farete, faccio voto di dedicarvi templi e ludi»1

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flaminio_polli

Durante la seconda guerra punica il comandante Gaio Flaminio, dopo aver preso gli auspici mediante il tripudium non ascoltò il pullarius che consigliava di ritardare la battaglia: «Se neanche in seguito i polli avranno voglia di mangiare che cosa ritieni che si dovrà fare?». Il pullario rispose che si sarebbe dovuto attendere ancora. Il console non lo ascoltò e così fu interpretata la disfatta romana1.

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sogni_premonitori

Come quello in cui Annibale fu ammonito in sogno da Iuno Lacinia, quando la dea lo minacciò di cavargli un occhio se avesse trafugato una colonna d’oro del suo tempio; o quello in cui ad Annibale apparve Iuppiter, che lo invitava al concilio degli dei per indicargli la strategia da compiere quando portò guerra all’Italia1; o «esempio più illustre che mai, Publio Decio, figlio di Quinto […] quando era tribuno militare […] e il nostro esercito era incalzato dai sanniti, poiché affrontava con eccessiva temerarietà i pericoli del combattimento e lo ammonirono ad essere più prudente, disse che in sogno gli era parso di morire gloriosissimamente nel folto della mischia»2. In seguito, proprio per questo privilegio concesso in sogno dagli dei, egli si sacrificò in battaglia.

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