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Destino comune tra Romolo e Remo

A lungo le biografie di Romolo e Remo scorrono perfettamente parallele: entrambi sono abbandonati nel fiume, entrambi vengono deposti dalla piena sulle rive e qui nutriti da una lupa e da un picchio, entrambi sono raccolti e allevati dal pastore Faustolo e dalla sua compagna Acca Larenzia, entrambi crescono robusti e forti e divengono presto una sorta di raddrizzatori di torti per i pastori delle campagne laziali. La loro specularità è legata anzitutto al tratto della nascita gemellare, che costituisce una sorta di fraternità rafforzata, ed è marcata persino dalla loro onomastica, specie in quelle varianti che chiamano Romo il fratello di Romolo o propongono una coppia Remo e Romo; se poi il fratello, come riteneva l’erudito Nigidio Figulo, è «quasi un secondo sé stesso», non stupisce che Romolo fosse chiamato anche Altellus, il “Piccolo altro”, come se la sua identità potesse definirsi solo in rapporto a quella del suo gemello1.

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I fratres Arvales e il culto cerealicolo

Gli undici figli di Acca Larenzia, nutrice di Romolo e Remo (e moglie di Faustolo), furono designati dal re fondatore come i primi fratres Arvales, sacerdoti che si occupavano del culto cerealicolo della dea Dia, e a cui a Romolo stesso si aggiunse come dodicesimo membro. Poco dopo Romolo, Numa avrebbe introdotto riti in cui i cereali, e in particolare il farro, venivano offerti agli dèi, così come la mola salsa – impasto di farro primiziale, sale e acqua del Tevere lavorato dalle Vestali –, indispensabile per immolare le vittime destinate al sacrificio. Ai tempi di Numa – continua Plinio – sono poi associate importantissime feste agricole come i Fornacalia, in cui gli abitanti delle diverse curie di Roma torrefacevano il farro, o i Terminalia del 23 febbraio, in cui si rendeva culto a Terminus, dio dei confini dei campi.

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