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Encolpio, Ascilto e Gitone

Dopo una lite furibonda con l’amico Ascilto a causa di Gitone, che il primo aveva molestato, Encolpio fa di tutto per liberarsi del rivale, adducendo una serie di plausibili scuse. Ma è il desiderio a mettergli in corpo una gran fretta di separarsi dall’amico, per poter riprendere col suo giovane amante le vecchie abitudini. Così, quando finalmente quel terzo incomodo di Ascilto se ne va, riscossi i primi baci, Encolpio stringe forte Gitone tra le braccia e trae il godimento promesso in modo così pieno da fare invidia. E si intrattiene ancora a giocherellare col suo fratellino, quando d’un tratto si sente un terribile trambusto: qualcuno, scardinato il chiavistello, irrompe con fragore e, colti in flagrante i due, riempie la stanza di risate e di applausi. «Ma bravo, fratello! È questo che fai?», esclama Ascilto, in piedi davanti a loro, che di andarsene aveva fatto solo finta. In un lampo si sfila la cinghia e, prima che Encolpio se ne renda conto, oltre agli insulti, lo riempie di nerbate assai poco amichevoli. «Così impari», esclama, «a non voler condividere nulla col tuo amico Ascilto1.

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Tentativo di stupro di Gitone

Encolpio è appena tornato alla pensione dove alloggia col suo amico Ascilto quando vede Gitone seduto in un angolo del letto ad asciugarsi le lacrime. «Che succede?», gli chiede preoccupato. Ma il ragazzo non fiatava. Solo dopo che Encolpio lo ha pregato, mescolando le suppliche alla collera, Gitone, suo malgrado, parla: «Questo tuo amico qui presente è tornato di fretta poco prima di te e ha tentato di portarmi via con la forza il pudore. E poiché io mi son messo a gridare, ha impugnato una spada e mi ha detto: “Se credi di essere Lucrezia, hai trovato il tuo Tarquinio!”». «Che hai da dire a tua discolpa?», ruggisce Encolpio. Quello fa spallucce: «Pensa a te, piuttosto, che, per Ercole, pur di essere invitato a cena fuori, ti sei messo a lodare quel poetastro di Agamennone!». Così, da una terribile lite, i due scoppiano in una grassa risata. Ma quando Encolpio si ricorda dell’affronto che Gitone ha subìto, gli è chiaro che con Ascilto non si possa più andare d’accordo1.

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Ascilto rischia la violenza sessuale

Encolpio era stato trascinato per sbaglio in un lupanare e stava per andarsene. Ma ecco che gli pare di vedere l’amico Ascilto tutto trafelato e col fiatone. «Che cosa ci fai qui?», gli chiede. E quello, asciugandosi il sudore: «Ah, sapessi cosa mi è accaduto! Mi ero perso e non sapevo più tornare all’ostello, quando un padre di famiglia si offre assai cordialmente di farmi da guida. Ma, imboccati una serie di vicoli angusti e oscuri, mi porta fin qui e, offertomi del denaro, inizia a chiedermi del sesso. La stanza era già pronta e lui già mi aveva messo le mani addosso, e se non fossi stato più robusto di lui, mi avrebbe castigato per bene»1.

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Quartilla si approfitta di Encolpio, Ascilto e Gitone

La libidinosa Quartilla ha affittato per un giorno l’intera pensione dove Encolpio, Ascilto e Gitone alloggiano, ordinando che nessuno li disturbi, desiderosa, a suo dire, di iniziarli ai riti orgiastici di Priapo. I tre sono quindi in trappola, circondati da lei e dalle sue ancelle vogliose. Preoccupato per i possibili esiti, Encolpio non riesce a proferir parola. Potrebbe urlare, ma sa che nessuno sarebbe accorso in loro aiuto. Lo conforta però il fatto di essere in compagnia. Del resto, quelle sono solo tre donnicciole, e certamente assai deboli: se mai avessero voluto tentare un qualche assalto, sarebbe stato facile avere la meglio; se la sarebbero vista contro di loro, che, se non altro, erano di sesso maschile e avevano anche il vantaggio di indossare abiti più succinti, che garantivano ampiezza di movimenti; e se mai si fosse arrivato a combattere, sarebbero stati comunque tre contro tre1.

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