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Miti

Le vacche di Ificlo

Neleo, re di Pilo, in Messenia, aveva una figlia, Pero, che era stata richiesta in sposa da molti pretendenti. Per essere sicuro che il futuro genero fosse un uomo astuto e ricco, Neleo disse che avrebbe dato sua figlia a chi gli avesse portato le vacche di Ificlo, figlio di Filaco, che erano custodite da un cane feroce. Tra i pretendenti alla mano di Pero c’era anche Biante, fratello di Melampo, che chiese il suo aiuto. Melampo, che poteva conoscere il futuro (e sapeva capire il linguaggio degli animali), seppe che avrebbe avuto le vacche solo se fosse stato sorpreso mentre le rubava e fosse stato imprigionato per un anno. Cercò quindi di rubarle, fu messo in prigione e, prima che fosse passato un anno, sentì alcuni tarli parlare tra di loro e dire che avevano ormai divorato tutto il legno delle travi che sostenevano l’edificio nel quale Melampo era stato imprigionato. Melampo chiese allora di essere trasferito immediatamente e, subito dopo, l’edificio crollò. Avendo Filaco compreso che Melampo era un indovino, gli promise che, se gli avesse detto il modo per far sì che suo figlio Ificlo generasse finalmente un erede maschio, gli avrebbe donato le vacche che aveva cercato invano di rubare. Ascoltando la voce di un avvoltoio, Melampo seppe che Ificlo avrebbe dovuto bere per dieci giorni la ruggine raschiata da un coltello col quale, tanti anni prima, Filace aveva castrato un montone. Quando Ificlo ebbe finalmente dalla moglie un figlio maschio, Melampo ricevette da Filace la mandria e, consegnatala a Neleo, poté dare al fratello Biante la donna amata1.

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Il tripode dei sette sapienti

Alcuni pescatori di Mileto avevano venduto in anticipo la loro pesca a un gruppo di giovani. Poiché tra i pesci che erano stati presi nella rete c’era anche un tripode d’oro, non sapendo cosa fare, i giovani si erano rivolti all’oracolo di Delfi. L’oracolo di Apollo aveva risposto che il tripode sarebbe dovuto spettare all’uomo più saggio. E così il tripode era stato consegnato a Talete, uno dei Sette sapienti. Talete, tuttavia, non ritenendo di essere lui il più saggio, lo diede a Biante, che riteneva più saggio di lui. Poiché nemmeno Biante era convinto di essere il più saggio, lo diede a un altro sapiente, il quale a sua volta lo diede a un altro, finché il tripode non ritornò nelle mani di Talete. A questo punto Talete, rimanendo saldo nella sua convinzione di non essere lui l’uomo più saggio, lo fece portare a Delfi, dedicandolo al dio.

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