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Il mostro Caco

All’interno della rupe si celava, un tempo, la spelonca che Caco, orrido figlio semiumano di Vulcano, usava come nascondiglio. Il suo aspetto era antropomorfo, ma le sue dimensioni erano mastodontiche, e inoltre il suo corpo era coperto di setole e la sua bocca poteva vomitare fuoco. Caco era l’autore di razzie e stragi ai danni degli Arcadi: all’ingresso della sua tana pendevano teste umane in decomposizione e il terreno circostante era sempre bagnato di sangue. Dopo che Ercole fu arrivato nella terra degli Arcadi con le vacche rosse sottratte a Gerione, la mente scellerata di Caco partorì il disegno di sottrarre alcuni dei buoi e delle giovenche di quella splendida mandria. Per non farsi scoprire fece in modo di tirarli per la coda fino alla spelonca, così che nessuno, seguendo le tracce degli animali che aveva fatto camminare all’indietro, avrebbe potuto arrivarvi1.

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Eracle contro Caco

In preda all’ira, Ercole strappa il masso che impediva l’accesso alla spelonca. Vistosi scoperto, e non avendo dove fuggire, Caco, sconvolto e atterrito, comincia a eruttare dalla sua bocca una fumata nera che avvolge tutto l’antro per cercare di sottrarsi allo sguardo dell’eroe. Ercole, preso dallo sdegno e in preda ad un furore omicida, attraversa la coltre di fumo e fiamme e acciuffa Caco per la gola, strangolandolo1.

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ercole_caco

A quel tempo, gli abitanti che vi risiedevano erano afflitti da un grande male: un altro mostro a tre teste, Caco, faceva razzie e uccideva gli abitanti dei dintorni. Questo mostro aveva una forza soprannaturale che gli uomini non potevano vincere. Ma Ercole, essere divino, ci riuscì. E questo accadde non solo perché Ercole avesse voglia di fare del bene agli abitanti del Lazio, ma anche perché il mostro aveva osato recargli danno. Mentre il nostro infatti si concedeva un pisolino, Caco rubò alcune delle preziose vacche tirandole per la coda e facendole camminare all’indietro fino a una grotta. Svegliatosi Ercole, cercò invano le vacche scomparse. Le orme degli animali indicavano infatti la direzione opposta e Ercole non riuscì a trovarle. Quando, nonostante la perdita, decise di rimettersi in cammino, le vacche, che gli erano rimaste, muggirono, e le altre, che si trovavano dentro la grotta, risposero rivelando così il loro nascondiglio. Allora Ercole si lanciò verso la grotta e, dopo aver rimosso la pesante pietra che serviva da porta, affrontò Caco tra vapori e fuliggine. Lottarono a lungo, alla fine Ercole ebbe la meglio e, ucciso il mostro, ne portò il cadavere all’aperto. Gli abitanti del Lazio, visto «il volto e il petto villoso di setole della mezza belva» giacere inerti, ringraziarono il benefattore e costruirono un grande altare in suo onore (l’Ara Maxima, che oggi si trova inglobata nella cripta della chiesa romana di Santa Maria in Cosmedin), presso il quale ogni anno si celebravano un grande sacrificio e un banchetto1.

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