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La ferita di Filottete e il dolore che isola

Partito per la spedizione di Troia, Filottete non giungerà mai a destinazione, poiché viene morso al piede da un serpente a Tenedo. La ferita si infetta a tal punto da provocare un odore insopportabile per i compagni, oltre a un dolore che lo porta a emettere grida insostenibili per coloro che gli sono accanto. Odisseo convince allora Agamennone ad abbandonare Filottete a Lemno. Dopo dieci anni di incessante assedio alla rocca di Ilio, gli Achei apprendono da un oracolo che la conquista della città è legata al possesso del famoso arco di Eracle, custodito da Filottete. Odisseo allora si reca a Lemno col giovane Neottolemo, e i due trovano l’eroe allo stato selvaggio, fuori dal consorzio umano. Quando l’attacco del male lo assale, egli prega Neottolemo di tagliargli il piede, poiché il sangue putrido sgorga dalla ferita procurandogli dolori lancinanti. Al cessare dell’attacco Filottete cade nel sonno1.

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Macaone e Podalirio, i medici di Troia

Macaone e Podalirio, buoni guaritori, partecipano alla guerra di Troia. Quando Menelao viene colpito alla cintura da una freccia di Pandaro, Agamennone manda a chiamare Macaone il quale, estraendo la freccia, scopre la ferita, ne succhia il sangue e sparge sulla piaga i rimedi che al padre Asclepio aveva dato Chirone. Ma quando Paride lo colpisce a una spalla, gli Achei temono per la sua incolumità; Idomeneo dice allora a Nestore di farlo salire con lui su un carro e di accompagnarlo alle navi, perché «un uomo guaritore vale molti altri uomini, nell’estrarre frecce e cospargere rimedi calmanti». La sua arte medica convince i compagni a farlo stare nelle retroguardie per salvaguardarne la vita1. Il fratello Podalirio è ricordato per la guarigione della piaga di Filottete, ritornato a Troia dopo l’isolamento a Lemno2.

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