Sotto il regno di Tullo Ostilio scoppia una pestilenza. Tullo, però, non vuole rinunciare alle sue campagne militari e non dà tregua ai suoi uomini, poiché ritiene che per il corpo sia più salutare stare in guerra che rimanersene a casa in ozio. Quando però è colpito anche lui da una lunga malattia, insieme al corpo viene piegato anche il suo spirito fiero: fino ad allora, infatti, aveva considerato i riti sacri come un’occupazione minore per un re, mentre adesso era succube di ogni piccola superstizione e aveva infuso anche nel popolo ogni scrupolo religioso. Ormai tutti chiedevano di tornare allo stato di cose vigente sotto il re Numa e di implorare dagli dèi la pace e il perdono. Tullo stesso, mentre sfogliava i commentari di Numa, trova che un tempo erano stati celebrati da quel re solenni sacrifici in onore di Giove Elicio e così, volendo fare lo stesso, si ritira in un luogo appartato per eseguirli, ma non riesce né a iniziarli né a condurli secondo il rito. Pertanto, non solo non gli appare nessun dio, ma l’ira di Giove lo colpisce con un fulmine incenerendolo con tutta la sua casa1.