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Miti

Il vanto di Remulo

È già la seconda volta che gli Italici tengono sotto scacco i Troiani, e Remulo li irride: «Non provate vergogna, Frigi presi due volte? Noi non siamo gli Atridi, ma una progenie resistente per stirpe. Appena nati, portiamo i nostri figli al fiume e li tempriamo col gelo delle onde. I bambini si dedicano alla caccia e battono le selve. Domare i cavalli e scagliare frecce con l’arco è un gioco per loro. I giovani sono abituati agli stenti e sopportano la fatica del lavoro, rastrellano la terra o abbattono fortezze in guerra. Ad ogni età, maneggiamo il ferro e mietiamo prede. Neppure la tarda vecchiaia indebolisce le forze del nostro animo o muta il nostro vigore. Tornatevene dunque da dove venite, e lasciate le armi ai veri uomini»1.

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Il sogno di Enea e la promessa del Tevere

A Enea, addormentato lungo la riva del Tevere, il dio del fiume predice in sogno gli eventi che da lì a poco si verificheranno: l’epifania di una scrofa bianca circondata da trenta lattonzoli, come segno del luogo predestinato per la nascita della città, la fondazione di Alba da parte di Ascanio, la fine della guerra contro gli Italici. Al risveglio, Enea promette eterna devozione al dio, che interviene fermando il moto delle onde e consentendo all’eroe di risalire facilmente il fiume1.

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