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Morte di Niobe

Niobe, madre di dodici figli, sei maschi e sei femmine, osa mettersi a paragone con Latona, che ha generato soltanto Apollo e Artemide. È un oltraggio molto grave contro la poco prolifica dea e il castigo non tarda ad arrivare: le due divinità assalgono l’eroina armate entrambe del terribile arco; Apollo uccide i figli maschi di Niobe, Artemide le femmine1.

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Morte dei figli di Niobe e metamorfosi in pietra

La figlia di Tantalo si vantava di aver generato molti più figli della dea Leto. La punizione fu tremenda. I gemelli arcieri figli della dea, Apollo e Artemide, uccisero con le proprie frecce i figli di Niobe. Per molti giorni i corpi rimasero privi dei riti funebri, poi furono seppelliti dagli dèi. Quanto a Niobe, sopraffatta da un dolore incommensurabile, fu tramutata in pietra, e sotto questa nuova forma continuò a covare le sue kedea «luttuose pene»1.

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Anfione sposa Niobe, figlia di Tantalo, che genera sei figlie femmine e sei maschi e per questo si vanta superiore a Latona, perché la dea ne aveva messi al mondo solo due. Per punire l’insulto, Artemide uccide le figlie e Apollo i figli con le loro frecce infallibili. Niobe si trasforma allora in roccia, piangendo per sempre il proprio lutto1. Secondo una diversa versione, fu lo stesso Anfione a schernire Latona per l’esiguo numero dei figli e per questo venne punito nell’Ade2. Zeto sposò Aedone, figlia di Pandareo, che generò Itilo. Aedone, forse in un accesso di follia, uccise con la spada il figlio e da allora si trasformò in usignolo, continuando a piangere il bambino3, mentre Zeto morì di crepacuore4. Furono sepolti insieme e a Tebe condivisero la tomba.

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Niobe, Eos e le lacrime

Niobe, figlia di Tantalo, mette al mondo con il marito Anfione sette figli e sette figlie. Orgogliosa della sua fecondità, commette l’errore di vantare la propria superiorità su Latona, madre dei soli Apollo e Artemide. La dea chiede allora vendetta ai propri figli, i quali sterminano l’intera prole dell’eroina. Niobe, addolorata, fugge a Sipilo e qui viene tramutata in roccia. Da quel giorno non ha mai smesso di piangere, e dalle sue lacrime nasce una sorgente che sgorga dalla roccia1. Anche il mito di Eos, l’Aurora, è all’origine di un simile fenomeno naturale. Dal matrimonio con Titono, fratello di Priamo, essa dà alla luce Memnone, che durante la guerra di Troia uccide Antiloco, figlio di Nestore, giunto a combattere in aiuto del padre. Achille allora affronta Memnone in un’accesa lotta e le madri dei due eroi, Aurora e Teti, in ansia per la sorte dei figli, si recano da Zeus per un consulto. Il re degli dèi, dopo avere pesato la sorte dei due uomini, stabilisce che Memnone dovrà soccombere, ma Eos ottiene per lui il dono dell’immortalità. Le lacrime versate dalla madre per la morte del figlio, però, danno origine alla rugiada che compare quotidianamente sui campi alle prime luci dell’alba2.

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