All’intervento del fiume segue la risposta di Achille: l’eroe afferma che farà quanto richiesto dallo Scamandro, ma soltanto quando sarà riuscito a chiudere i nemici in città e a sfidare a duello Ettore. Dopo un breve rimprovero dello Scamandro ad Apollo, accusato di non difendere i Troiani come era stato richiesto da Zeus, Achille continua la sua strage, entrando nel fiume. Esso si gonfia, esce dal suo letto, riuscendo a spingere i cadaveri fuori dalla corrente e nel contempo a proteggere i Troiani ancora vivi tra i suoi gorghi. Achille si trova in difficoltà e tenta di fuggire per la pianura; grazie alla sua velocità può allontanarsi per un tratto, ma, appena si ferma, il fiume lo incalza. L’eroe si rivolge allora a Zeus, rimproverandogli il mancato aiuto divino e soprattutto la falsa profezia ricevuta dalla madre: non solo non morirà presso le mura di Troia, ucciso dalle frecce di Apollo, ma neppure per mano di Ettore; la sua morte non sarà degna di un eroe, perché verrà travolto da un fiume come può accadere a un bambino a guardia del bestiame, che lo attraversi incautamente durante un temporale.