Risultati ricerca

Ricerca per tag: "Troiani"

Miti

Enea salva Anchise

Dopo la presa di Troia, Enea rimane a combattere in città, occupando la rocca e organizzando l’ultima resistenza contro gli invasori. Gli Achei, colpiti da tanto coraggio, propongono una tregua ai Troiani, concedendo loro di portar via i propri beni. Mentre tutti sono intenti a mettere in salvo oro, argento e altri oggetti preziosi, Enea si carica sulle spalle l’anziano padre: è questo l’unico bene che il giovane sceglie di salvaguardare. L’eroe si guadagna così l’ammirazione degli Achei, che gli concedono di portar via qualche altro bene dalla sua casa. Ed ecco che il giovane sorprende nuovamente tutti scegliendo gli dèi protettori della patria. Per tale merito gli viene concesso di lasciare la Troade con i superstiti per dirigersi dovunque voglia1.

Leggi mito
I cavalli di Achille: il dono della parola

Prima della partenza l’eroe rivolge loro parole sferzanti di incitamento: siete di stirpe divina; perciò questa volta, dice, vedete bene di riportare salvo chi vi conduce; non fate come con Patroclo, che avete lasciato morto sul campo. A queste parole Xanto abbassa la testa giù, a far cadere la criniera per terra e comincia a parlare. La dea Era gli aveva infatti concesso la capacità di articolare suoni umani, per fargli dire futuro e verità: «Questa volta ancora senz’altro ti salveremo, Achille gagliardo: vicino però t’è ormai il giorno di morte e non ne saremo noi causa, ma un gran dio e la Moira potente. E nemmeno fu per nostra lentezza o indolenza se i Teucri strapparono le armi dalle spalle di Patroclo, ma il più forte fra i numi, che Latona belle chiome partorì, lo uccise sul fronte e ne diede ad Ettore vanto. Quanto a noi due, potremmo pure galoppare assieme alle folate di Zefiro, che fra i venti si dice che sia il più veloce: per te resta comunque deciso che sarai domato dalla forza di un mortale e di un dio». Su queste ultime sillabe Erinni, dea che non tollera violazioni alla norma, rende di nuovo il cavallo incapace di articolare parole. Achille non accoglie di buon grado l’annuncio e reagisce a sua volta – non è tanto stupito che Xanto abbia parlato, quanto che gli si rivolga in quel tono, che gli ricordi la morte, mentre l’eroe si aspetterebbe che si dimostrasse solidale con lui nell’entusiasmo della vendetta imminente: «Perché, Xanto, mi predici la morte? Non devi farlo. Lo so anch’io che qui mi tocca morire […] ma non voglio mollare prima di aver incalzato abbastanza i Troiani in guerra».

Leggi mito
Apollo assume le sembianze dello zio di Ettore

Mentre Patroclo impazza invincibile tra le schiere dei Troiani, inseguendoli fin sotto le mura della città, Ettore è fermo alle porte Scee incerto se battersi o richiamare l’esercito. Apollo allora gli si avvicina sotto le sembianze di Asio, zio materno di Ettore, quindi lo esorta a tornare nella mischia e a lanciarsi contro Patroclo1. Accolto il consiglio, Ettore torna a combattere e uccide Patroclo in duello.

Leggi mito
Venere aiuta il figlio Enea

È in particolare l’Eneide virgiliana a concedere a Venere uno spazio di primo piano. Sin dall’inizio del poema è la dea, angosciata per la sorte di Enea, a lamentarsi con Giove per la tempesta che trattiene i Troiani lontani dall’Italia; quando essi fanno naufragio sulla costa africana, Venere si mostra al figlio sotto le vesti di una giovane cacciatrice e gli offre le informazioni essenziali per orientarsi in una situazione potenzialmente rischiosa. Di lì a poco ancora Venere avvolge Enea in una nube che gli consente di muoversi in piena sicurezza nella terra straniera, quindi, per proteggere il figlio dalla doppiezza dei Fenici e dall’ostilità di Giunone, cui Cartagine è consacrata, invia Cupido da Didone perché induca la regina a innamorarsi dell’ospite troiano. Nuovamente tormentata dall’angoscia, prega Nettuno di garantire a Enea, salpato dalla Sicilia, una navigazione propizia; e quando l’eroe avvia la ricerca del ramo d’oro che gli consentirà di accedere al regno dei morti, l’apparizione di due colombe, uccelli sacri a Venere, viene interpretata come un segno dell’incessante vigilanza materna. Assente nelle prime fasi dello sbarco in Italia, Venere torna in scena per chiedere al marito Vulcano di approntare nuove armi per Enea, quindi le consegna personalmente al figlio e gli concede quell’abbraccio cui si era sottratta sulla costa di Cartagine. La dea non si tiene lontana neppure dai campi di battaglia, intervenendo ripetutamente a protezione del figlio fino al duello finale con Turno. Virgilio non rinuncia infine a una vertiginosa apertura sul futuro: tra le scene effigiate sullo scudo di Enea, Venere compare nel quadro dedicato alla battaglia di Azio mentre sostiene Augusto nello scontro con le forze umane e divine dell’Oriente. Sollecita verso Enea, Venere non sarà meno attiva al fianco dei suoi discendenti, che si tratti del futuro principe o dei Romani nel loro complesso.

Leggi mito
I Latini vengono spinti all'esogamia

Nella città del re Latino si verifica un singolare prodigio: sull’alloro sacro posto al centro della reggia si era infatti installato uno sciame di api. L’indovino di corte spiega che il fenomeno preannuncia l’arrivo di un gruppo di stranieri: sono appunto i Troiani di Enea, i cui primi ambasciatori entrano infatti in scena di lì a poco. L’oracolo di Fauno, dio fatidico e padre dello stesso Latino, conferma l’interpretazione del prodigio e mette in guarda il re dal cedere Lavinia a un partner locale, perché il futuro genero del re verrà da lontano1. È intorno a questo vaticinio che si accende il conflitto con la regina Amata, che ha scelto per la figlia un partner, Turno, che non solo appartiene alla consanguinea popolazione dei Rutuli, ma è legato alla stessa Amata da uno stretto rapporto di parentela, in quanto figlio di sua sorella Venilia.

Leggi mito
Giuturno e Turno

Giuturna svolge il ruolo di adiuvante di Turno nel suo scontro con Enea: è lei a suggerire al fratello di affrontare il giovane Pallante, alleato dei Troiani, per ritardare il duello fatale con Enea1; ed è ancora lei a sobillare i Rutuli perché rompano il patto con i Troiani e ad assumere le vesti dell’auriga di Turno conducendo il fratello lontano dalle zone del campo di battaglia nelle quali infuria Enea. Quando a Giuturna è chiaro che Giunone ha ormai abbandonato Turno alla propria sorte, la ninfa lamenta la propria immortalità, che le impedisce di essere compagna di un fratello senza il quale la vita non può avere per lei alcuna dolcezza2.

Leggi mito
Glauco, Enea e l’orgoglio del sangue

Glauco, eroe licio alleato dei Troiani, interrogato da Diomede sulla sua discendenza, racconta in dettaglio la sua genealogia e conclude: «Questa è la stirpe e il sangue di cui mi vanto di essere». Anche il troiano Enea ricorda ad Achille la propria gloriosa discendenza da Dardano figlio di Zeus, quindi conclude con le stesse parole di Glauco1.

Leggi mito
Il vanto di Remulo

È già la seconda volta che gli Italici tengono sotto scacco i Troiani, e Remulo li irride: «Non provate vergogna, Frigi presi due volte? Noi non siamo gli Atridi, ma una progenie resistente per stirpe. Appena nati, portiamo i nostri figli al fiume e li tempriamo col gelo delle onde. I bambini si dedicano alla caccia e battono le selve. Domare i cavalli e scagliare frecce con l’arco è un gioco per loro. I giovani sono abituati agli stenti e sopportano la fatica del lavoro, rastrellano la terra o abbattono fortezze in guerra. Ad ogni età, maneggiamo il ferro e mietiamo prede. Neppure la tarda vecchiaia indebolisce le forze del nostro animo o muta il nostro vigore. Tornatevene dunque da dove venite, e lasciate le armi ai veri uomini»1.

Leggi mito
Enea lascia Creta per l’Italia

I Troiani, credendo di seguire il responso di Apollo, approdano a Creta, dove Enea inizia a fondare la nuova Ilio. Ma all’improvviso, in seguito a una corruzione dell'aria, giunge una pestilenza logorante per le membra e una mortifera annata per gli alberi e le piantagioni. I campi diventano sterili, l’erba inaridisce e la messe infetta nega il nutrimento. I Troiani si ammalano e muoiono. Per fortuna una notte appaiono in sogno a Enea i Penati, che gli spiegano come la terra nella quale si è insediato non sia quella a lui assegnata dal fato e occorra dunque allontanarsene in direzione dell’Italia1.

Leggi mito
La lancia di Achille, dono di nozze di Chirone

Quando Patroclo ottiene da Achille il permesso di guidare i Mirmidoni in battaglia, prende le sue armi per incutere terrore nei Troiani, ma lascia presso le tende la lancia di Achille perché troppo pesante. Soltanto il figlio di Peleo poteva brandire quell’arma; essa era appartenuta proprio a Peleo, che l’aveva ricevuta in dono da Chirone, il quale l’aveva forgiata a partire da un faggio del monte Pelio1. La lancia era in origine un dono nuziale, offerto dal Centauro a Peleo in occasione del matrimonio con Teti: il banchetto si svolse sul Pelio e vide la partecipazione di uomini e dèi. Il tronco fu tagliato da Chirone, ma la lancia divenne perfetta anche grazie al contributo di Atena ed Efesto. Con essa compirono imprese memorabili sia Peleo sia Achille2.

Leggi mito
Achille travolto dalle acque del fiume

All’intervento del fiume segue la risposta di Achille: l’eroe afferma che farà quanto richiesto dallo Scamandro, ma soltanto quando sarà riuscito a chiudere i nemici in città e a sfidare a duello Ettore. Dopo un breve rimprovero dello Scamandro ad Apollo, accusato di non difendere i Troiani come era stato richiesto da Zeus, Achille continua la sua strage, entrando nel fiume. Esso si gonfia, esce dal suo letto, riuscendo a spingere i cadaveri fuori dalla corrente e nel contempo a proteggere i Troiani ancora vivi tra i suoi gorghi. Achille si trova in difficoltà e tenta di fuggire per la pianura; grazie alla sua velocità può allontanarsi per un tratto, ma, appena si ferma, il fiume lo incalza. L’eroe si rivolge allora a Zeus, rimproverandogli il mancato aiuto divino e soprattutto la falsa profezia ricevuta dalla madre: non solo non morirà presso le mura di Troia, ucciso dalle frecce di Apollo, ma neppure per mano di Ettore; la sua morte non sarà degna di un eroe, perché verrà travolto da un fiume come può accadere a un bambino a guardia del bestiame, che lo attraversi incautamente durante un temporale.

Leggi mito

Etichette

Troiani

Link esterni

La ricerca non ha trovato nessun risultato.