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Miti

I gemelli: Castore e Polluce (Dioscuri)

Castore e Polluce avevano razziato i buoi dei loro cugini Ida e Linceo, ma furono avvistati da Linceo stesso, che aveva una vista acutissima. Ida trafisse Castore con una lancia, perciò Polluce accorse immediatamente in preda all’ira. Ida e Linceo cercarono di invano di uccidere Polluce scagliando contro di lui una grossa pietra; ma questi ebbe la meglio su Linceo, mentre Zeus lanciò il suo fulmine contro Ida. A quel punto Polluce si diresse verso il fratello, che era a terra in punto di morte, e pregò il padre Zeus di farlo morire con lui, perché non vi poteva più essere gloria (tima) per un mortale privato dei suoi cari (philon). Ma Zeus gli rispose che ciò non era possibile, perché Polluce era in realtà figlio suo, e la sua sorte sarebbe stata quella di vivere con gli dèi nell’Olimpo; Castore era invece stato concepito dopo, da un seme mortale (sperma thnaton), ed era quindi destinato a morire. L’unica possibilità era che Polluce dividesse la sua sorte con lui, passando metà della vita sotto terra, e l’altra metà in cielo, cosa che l’eroe non esitò a fare. Zeus riaprì allora gli occhi di Castore.1.

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Prometeo e il sacrificio

Nella piana di Mecone, all’epoca in cui le esistenze di uomini e dèi non risultano ancora nettamente separate, il Titano Prometeo, celebre per astuzia e scaltrezza, uccide un bue e lo divide in due parti con l’intento di ingannare Zeus, il re degli dèi, e di favorire gli uomini: nasconde carne e viscere, le parti commestibili dell’animale, all’interno del ventre del bue, in modo da conferire alla prima porzione un’apparenza sgradevole a dispetto del sostanzioso contenuto; avvolge le ossa nel lucido grasso, donando invece alla seconda porzione un aspetto invitante volto a celare un contenuto per nulla nutriente. Preparata la sua ingegnosa trappola, Prometeo chiede a Zeus di scegliere la parte degli dèi. Intuito l’inganno, il figlio di Crono si sdegna provando una profonda collera; eppure, mantiene la calma e, fingendo di stare al gioco di Prometeo, sceglie la porzione di più bell’aspetto, assecondando l’inganno. Da quel momento la norma sacrificale prevede che gli dèi, immuni dalla morte e dalla necessità di cibo, ricevano il fumo prodotto dalla combustione di ossa e grasso, mentre gli uomini mangino carne e viscere degli animali, condannati a un’esistenza mortale fatta di fame, bisogni e malanni1.

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irieo_orione

Narra, così, di quando Giove e Mercurio, questa volta insieme a Nettuno, visitarono il contadino della Beozia Irieo, e lo ricambiarono dell’ospitalità rendendolo addirittura padre pur in assenza della moglie, morta da tempo. Fecondarono infatti con la loro urina, mescolata alla terra, la pelle di un bue da cui nacque un figlio, chiamato appunto Orione1.

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origine_lupercalia

Questa festa era stata portata nel Lazio dai Greci arrivati con Evandro, che provenivano dall’Arcadia, una regione del Peloponneso in cui era particolarmente onorato il dio Pan. Essi avevano stabilito nel Lazio una festa che ricordava quella del loro paese di origine e che consisteva appunto in un sacrificio in onore di Pan, identificato con il dio italico Fauno. La festa era stata celebrata fino al tempo di Romolo e Remo. Una volta, mentre si svolgeva, fu annunciato che dei ladri di bestiame avevano rubato le mandrie. Romolo e Remo, che allora erano giovani pastori e stavano compiendo esercizi ginnici, non persero tempo a rivestirsi e, nudi com’erano, si dettero all’inseguimento dei briganti, ognuno con un gruppo di amici. Questo episodio costituisce il prototipo mitico della corsa attraverso le strade di Roma che i luperci compiono appunto vestiti solo di una pelle di capra, dopo essersi ripartiti in due gruppi .

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