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Miti

Odisseo e la caccia

Invitato al palazzo del nonno Autolico sul Parnaso, Odisseo partecipa insieme agli zii ad una battuta di caccia al cinghiale, nel corso della quale fa mostra di tutto il suo coraggio. Benché ferito a un ginocchio, nello scontro con l’animale, riesce ad avere la meglio. Soccorso e curato dagli zii, Odisseo giunge al palazzo con la sua preda che gli vale la consegna di ricchi doni da parte di Autolico e festeggiamenti a palazzo con un banchetto. Approdati sull’isola di Circe, Odisseo e i suoi compagni patiscono la fame per due giorni, fino a quando l’eroe non decide di andare in esplorazione e, per intervento divino, si imbatte in un grande cervo, la cui uccisione viene, ancora una volta, celebrata con un banchetto. Meno fortunata è la caccia dei compagni di Odisseo sull’isola di Scilla quando, perseguitati dalla fame e benché vincolati da un giuramento, si risolvono a cacciare le vacche sacre al Sole. Il banchetto che segue, con animali solitamente destinati al sacrificio, provoca la reazione degli dèi che si abbatte violenta sulle navi1.

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Meleagro e la caccia al cinghiale calidonio

Fenice nella tenda di Achille narra della guerra tra i Cureti e gli Etoli, scoppiata a seguito dell’uccisione del cinghiale calidonio che Artemide, offesa dal re Eneo – perché sola fra gli dèi non aveva avuto parte all’ecatombe offerta dal sovrano – aveva inviato a devastare i campi della regione. Meleagro riuscì ad avere la meglio sull’animale. Artemide però suscitò una nuova disputa tra Etoli e Cureti per le spoglie dell’animale. Nel corso del combattimento Meleagro uccise per errore uno dei fratelli della madre, fu maledetto da quest’ultima e votato alla morte. Temendo la maledizione l’eroe si rinchiuse in casa, abbandonando gli Etoli alla furia dei Cureti, rifiutando di tornare a combattere. Gli Etoli, assediati, inviarono gli anziani a convincere Meleagro a riprendere i combattimenti, ma il giovane resistette ostinatamente anche alle suppliche dei genitori e delle sorelle. Riuscì a convincerlo solo la moglie, ma troppo tardi, perché la città era ormai in fiamme ed è egli non trasse nessuna gloria dalle sue gesta.1.

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Perseo contro Medusa

Polidette, re di Serifo, si era innamorato di Danae, la madre di Perseo. Per potere sedurre la donna aveva bisogno di allontanarne il figlio o, ancora meglio, di eliminarlo: per questo gli impone di portargli la testa della Gorgone. Perseo, dopo essersi procurato dalle Ninfe i sandali alati, una speciale bisaccia (la kibisis) e l’elmo dell’invisibilità di Ade, giunse a volo sull’Oceano e trovò le tre Gorgoni (Steno, Euriale e Medusa; quest’ultima era l’unica mortale delle tre) immerse nel sonno. Le Gorgoni avevano teste avvolte da scaglie di serpenti, zanne grosse come quelle dei cinghiali, mani di bronzo e ali d’oro con cui potevano volare. Tramutavano in pietra coloro che le guardavano. Perseo, guidato e aiutato da Atena, si avvicinò alle Gorgoni addormentate e, tenendo la testa girata e lo sguardo rivolto a uno scudo di bronzo in cui vedeva riflessa l’immagine di Medusa e le tagliò la testa. Quando la testa della Gorgone fu troncata, dal suo corpo balzò fuori Pegaso, il cavallo alato, e Crisaore, padre di Gerione, che essa aveva concepito da Poseidone. Perseo mise la testa della Medusa nella kibisis e tornò indietro, sfuggendo all’inseguimento delle due Gorgoni superstiti grazie all’elmo che lo rendeva invisibile1.

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Meleagro contro gli zii materni

Meleagro è figlio di Altea e Oineo, re di Calidone in Etolia. Dopo un abbondante raccolto Oineo offre un sacrificio a tutti gli dèi, ma si dimentica di Artemide; la dea allora manda come punizione un terribile cinghiale che inizia a distruggere il territorio di Oineo. È Meleagro a ucciderlo dopo aver organizzato una battuta di caccia con gli eroi più valorosi di tutta la Grecia, cui prendono parte anche gli zii materni di Meleagro, i Cureti. Anche Atalanta, straordinaria cacciatrice di cui Meleagro è innamorato, interviene nella caccia e colpisce il cinghiale sulla schiena con una freccia. Meleagro dà al cinghiale il colpo di grazia e a lui sarebbero spettate di diritto la testa e la pelle dell’animale, come parte d’onore dovuta all’uccisore. Egli però scuoia l’animale e dona la pelle alla sua amata Atalanta; allora gli zii della madre – o uno solo di essi – contestano questa attribuzione e sottraggono ad Atalanta la pelle del cinghiale. Una lotta violenta sorge tra Etoli e Cureti; Meleagro, preso dall’ira, uccide gli zii materni e restituisce la pelle del cinghiale ad Atalanta. La madre Altea maledice il figlio e invoca Ade e Persefone affinché gli diano la morte1.

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