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Eracle contro Cerbero

Cerbero aveva tre teste di cane, la coda di serpente e sul dorso teste di serpenti di ogni tipo. Eracle chiese a Plutone di dargli Cerbero, e Plutone gli ordinò di portarlo via purché lo vincesse senza l’aiuto delle sue armi. Eracle trovò Cerbero alle porte dell’Acheronte; allora, chiuso nella sua corazza e coperto dalla pelle di leone, gli afferrò la testa con le mani e non smise di stringere con forza finché non ebbe sopraffatto la bestia, nonostante i morsi che gli infliggeva la coda di serpente. Dopo che ebbe mostrato Cerbero a Euristeo, Eracle lo riportò di nuovo nell’Ade1.

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Cerbero guardiano degli inferi

Cerbero, il possente e spietato cane di Hades, è figlio del mostruoso Tifone, nato dall’unione della Terra con il Tartaro, e di Echidna, creatura metà serpente e metà fanciulla1. Ha l’aspetto di un cane dalle molte teste (cinquanta secondo Esiodo, tre nella tradizione iconografica), cui si associa una coda di serpente o una criniera serpentina2. Quando un defunto arriva alla soglia dell’aldilà, Cerbero lo lascia entrare facendogli le feste, ma al momento in cui costui cerca di uscire, gli sbarra la strada e lo divora3.

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ercole_caco

A quel tempo, gli abitanti che vi risiedevano erano afflitti da un grande male: un altro mostro a tre teste, Caco, faceva razzie e uccideva gli abitanti dei dintorni. Questo mostro aveva una forza soprannaturale che gli uomini non potevano vincere. Ma Ercole, essere divino, ci riuscì. E questo accadde non solo perché Ercole avesse voglia di fare del bene agli abitanti del Lazio, ma anche perché il mostro aveva osato recargli danno. Mentre il nostro infatti si concedeva un pisolino, Caco rubò alcune delle preziose vacche tirandole per la coda e facendole camminare all’indietro fino a una grotta. Svegliatosi Ercole, cercò invano le vacche scomparse. Le orme degli animali indicavano infatti la direzione opposta e Ercole non riuscì a trovarle. Quando, nonostante la perdita, decise di rimettersi in cammino, le vacche, che gli erano rimaste, muggirono, e le altre, che si trovavano dentro la grotta, risposero rivelando così il loro nascondiglio. Allora Ercole si lanciò verso la grotta e, dopo aver rimosso la pesante pietra che serviva da porta, affrontò Caco tra vapori e fuliggine. Lottarono a lungo, alla fine Ercole ebbe la meglio e, ucciso il mostro, ne portò il cadavere all’aperto. Gli abitanti del Lazio, visto «il volto e il petto villoso di setole della mezza belva» giacere inerti, ringraziarono il benefattore e costruirono un grande altare in suo onore (l’Ara Maxima, che oggi si trova inglobata nella cripta della chiesa romana di Santa Maria in Cosmedin), presso il quale ogni anno si celebravano un grande sacrificio e un banchetto1.

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