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Manlio condanna a morte il figlio

Nel 340 a.C. Tito Manlio, che intanto ha guadagnato il soprannome di Torquato grazie a una collana (torques) strappata in guerra a un campione dei Galli, guida la campagna contro gli ex alleati della Lega latina. Quando un cavaliere nemico sfida a duello il figlio del console, questi sconfigge l’avversario e ne reca al padre le spoglie, convinto di avere ben meritato; ma nell’accettare il duello il giovane Manlio ha dimenticato l’ordine di non combattere fuori dai ranghi che il console aveva impartito a tutto l’esercito: la sua vittoria è stata ottenuta dunque al prezzo di una grave infrazione della disciplina militare. Il console dispone infatti l’immediata esecuzione del figlio, come prevede la prassi in caso di insubordinazione; la locuzione Manliana imperia sarebbe passata poi in proverbio per definire provvedimenti particolarmente severi1.

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Condanna di Spurio CAssio Vecellino

Esemplare a questo riguardo la vicenda di Spurio Cassio Vecellino, fissata dalla tradizione al 485 a.C.: già più volte console, copertosi di gloria in alcune importanti campagne militari, Spurio è accusato di aspirare alla tirannide dopo aver proposto una legge agraria che distribuisce grandi quantità di terre agli alleati latini. Per decisione del padre, il giovane viene allora frustato a morte, i suoi beni sono consacrati alla dea Cerere, la casa è rasa al suolo1. In altre varianti della storia, Spurio viene processato in Senato ma giustiziato in prima persona dal padre, che aveva presentato la denuncia a suo carico2.

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Bruto partecipa alla fondazione della repubblica

Bruto è figlio di una sorella di Tarquinio il Superbo; questi gli uccide il padre e il fratello, ma Bruto riesce a sfuggire alla follia omicida del sovrano fingendosi sciocco ed entra persino in intimità con i figli del re, che lo considerano il proprio zimbello. Più tardi, Bruto vendica lo stupro commesso da Sesto Tarquinio, figlio del Superbo, sulla castissima Lucrezia guidando la rivolta che conduce all’abbattimento della monarchia, per diventare infine membro della prima coppia consolare che guida la neonata repubblica. Quando viene a sapere che una vasta trama, mirante a riportare Tarquinio sul trono di Roma, ha coinvolto anche i suoi figli Tito e Tiberio, Bruto ne dispone l’immediata messa a morte e assiste personalmente all’esecuzione dei due giovani; e mentre tutti i presenti cedono alla commozione, il solo console mantiene un’espressione imperturbabile1.

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