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Miti

Le Moire e la tessitura

Di Achille la dea Era dice: «più tardi dovrà subire quanto Aisa ha filato per lui alla nascita, quando la madre lo partorì»1. La Ecuba iliadica, quando il cadavere di Ettore rischia di essere scempiato, afferma: «così si compie la sorte che la Moira potente filò per lui alla nascita, quando io stessa l’ho partorito»2. Alla corte dei Feaci il re Alcinoo, prefigurando il ritorno in patria di Odisseo, dice: «là allora subirà quanto Aisa e le terribili Filatrici hanno filato per lui alla nascita, quando la madre lo partorì»3.

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Castore e Polluce contro Ida e Linceo

Il destino dei Dioscuri si intreccia con quello di Ida e Linceo, figli di Afareo cugino di Tindaro. Venuti a contesa per il bestiame, i Dioscuri riescono a rapire la mandria dei cugini e fuggono. Linceo però, dotato di vista acutissima, scorge Castore acquattato nel cavo di un albero di quercia; ne rivela quindi la posizione a Ida, che lo trafigge mortalmente con una lancia. Polideuce si slancia a inseguirli fino a Terapne, dove i due si erano rifugiati presso la tomba di Afareo. Lì Polideuce uccide Linceo e, quando Ida cerca di colpirlo con la pesante pietra tombale del padre, è lo stesso Zeus a difendere il figlio e a incenerire Ida con la folgore. Polideuce torna di corsa da Castore, ma lo trova in fin di vita; scongiura allora il padre Zeus di farlo morire con il fratello gemello, poiché se non può essere vissuta insieme a Castore la vita gli appare solo come sofferenza. Zeus allora lo pone davanti a una scelta: o vivere senza Castore da immortale nell’Olimpo o condividere lo stesso destino del gemello, un giorno in cielo e un giorno negli inferi. Polideuce senza esitazione sceglie il destino di condivisione con il fratello. Da allora i Dioscuri trascorrono un giorno presso Zeus, nell’Olimpo, e un giorno nell’oscurità, sotto terra1. Si narra ancora che dopo morti i due divennero stelle luminose, la costellazione dei Gemelli2. Dal cielo essi vengono in soccorso ai naviganti che, colpiti da una tempesta, li invocano promettendo loro un sacrificio di bianchi agnelli3.

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figli_niobe

Anfione sposa Niobe, figlia di Tantalo, che genera sei figlie femmine e sei maschi e per questo si vanta superiore a Latona, perché la dea ne aveva messi al mondo solo due. Per punire l’insulto, Artemide uccide le figlie e Apollo i figli con le loro frecce infallibili. Niobe si trasforma allora in roccia, piangendo per sempre il proprio lutto1. Secondo una diversa versione, fu lo stesso Anfione a schernire Latona per l’esiguo numero dei figli e per questo venne punito nell’Ade2. Zeto sposò Aedone, figlia di Pandareo, che generò Itilo. Aedone, forse in un accesso di follia, uccise con la spada il figlio e da allora si trasformò in usignolo, continuando a piangere il bambino3, mentre Zeto morì di crepacuore4. Furono sepolti insieme e a Tebe condivisero la tomba.

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Giuturno e Turno

Giuturna svolge il ruolo di adiuvante di Turno nel suo scontro con Enea: è lei a suggerire al fratello di affrontare il giovane Pallante, alleato dei Troiani, per ritardare il duello fatale con Enea1; ed è ancora lei a sobillare i Rutuli perché rompano il patto con i Troiani e ad assumere le vesti dell’auriga di Turno conducendo il fratello lontano dalle zone del campo di battaglia nelle quali infuria Enea. Quando a Giuturna è chiaro che Giunone ha ormai abbandonato Turno alla propria sorte, la ninfa lamenta la propria immortalità, che le impedisce di essere compagna di un fratello senza il quale la vita non può avere per lei alcuna dolcezza2.

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