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Eracle contro Cerbero

Cerbero aveva tre teste di cane, la coda di serpente e sul dorso teste di serpenti di ogni tipo. Eracle chiese a Plutone di dargli Cerbero, e Plutone gli ordinò di portarlo via purché lo vincesse senza l’aiuto delle sue armi. Eracle trovò Cerbero alle porte dell’Acheronte; allora, chiuso nella sua corazza e coperto dalla pelle di leone, gli afferrò la testa con le mani e non smise di stringere con forza finché non ebbe sopraffatto la bestia, nonostante i morsi che gli infliggeva la coda di serpente. Dopo che ebbe mostrato Cerbero a Euristeo, Eracle lo riportò di nuovo nell’Ade1.

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L'enigma della Sfinge

«Era mandò la Sfinge, che era nata da Echidna e da Tifone e aveva il volto di donna, il corpo, le zampe e la coda di leone e le ali di uccello. Conosceva un enigma, appreso dalle Muse, e lo proponeva ai Tebani stando seduta sul monte Fichio. L’enigma era questo: "Qual è l’essere che ha una voce sola, che prima ha quattro, poi due e poi tre piedi?". Esisteva un oracolo secondo il quale i Tebani si sarebbero liberati dalla Sfinge quando avessero sciolto l’enigma: essi si riunivano spesso e cercavano di risolverlo, ma poiché non ci riuscivano la Sfinge afferrava uno di loro e lo divorava. Creonte, fratello di Laio che governava Tebe dopo la sua morte, proclamò che avrebbe ceduto il regno e la vedova del fratello, Giocasta, a colui che avesse sciolto l’enigma. Edipo lo venne a sapere e risolse il quesito, dicendo che l’essere a cui alludeva la Sfinge era l’uomo: quando è bambino infatti ha quattro piedi perché si muove sostenendosi su tutti e quattro gli arti, adulto ne ha due, vecchio ne ha tre perché si aiuta col bastone. La Sfinge si gettò dall’alto dell’acropoli. Edipo ebbe il regno e sposò sua madre senza saperlo; da lei ebbe due figli, Polinice ed Eteocle, e due figlie, Ismene e Antigone»1.

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Androcle amico del leone

Androcle, schiavo del proconsole romano in Africa, fugge dal padrone e si rifugia in una caverna. La trova già occupata da un leone, che giace ferito e dolorante. L’uomo, dapprima terrorizzato, comprende che l’animale gli sta chiedendo aiuto ed estrae dalla sua zampa la spina che lo tormenta, lo medica, e ottiene così la sua fiducia. Il leone lo aiuta a restare nascosto: condivide con lui le sue prede di caccia e così vivono insieme per tre anni. Stanco di quella vita ferina, Androcle decide un giorno di andarsene: ma, ben presto catturato, venne portato a Roma per essere giustiziato. In quanto schiavo fuggitivo viene condannato ad bestias. Immesso nel circo e terrorizzato dalle belve che ormai lo circondano per sbranarlo, si accorge che uno dei leoni si avvicina scodinzolando come un cane festante: giunto al suo cospetto, l’animale congiunge il suo corpo a quello dell’uomo e lo lecca blandamente. Androcle riconosce allora il leone che aveva salvato e racconta la sua storia all’imperatore stupefatto. Secondo la versione di Eliano (più ricca di dettagli), dopo il ricongiungimento di Androcle e del leone, l’impresario dello spettacolo – sospettando una magia – aveva fatto liberare un leopardo, che aveva attaccato l’uomo: ma il leone si era frapposto per difenderlo e aveva ucciso l’altra belva. Il pubblico, estasiato, decreta che siano rilasciati entrambi, schiavo e leone. Da quel momento, Androcle viene visto girare per la città con il suo compagno felino a guinzaglio, accolto con gioia nei vicoli e nelle taverne, dove la gente li saluta con omaggi di denaro e floreali esclamando: «Ecco il leone ospite dell’uomo, e l’uomo medico del leone!».

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