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Rituali di fondazione

Romolo scavò una fossa di forma circolare nel luogo in cui sorgerà un giorno il Comizio e qui fece deporre le primizie di tutte le cose che gli uomini ritengono belle sulla base della loro cultura e necessarie per natura. Poi ciascun colono venne a gettarvi una manciata di terra prelevata dal luogo natio e le diverse zolle furono mescolate insieme. I Romani chiamano questa fossa mundus. Poi con alcuni cippi terminali delinearono il perimetro della città. A questo punto il fondatore, dopo aver attaccato all’aratro un vomere di bronzo e avervi aggiogato un toro e una vacca, tracciò un solco profondo intorno alle pietre di confine, mentre quelli che lo seguivano avevano cura di rivoltare all’interno del solco tutta la terra che veniva sollevata via via lungo il percorso. Con questo tracciato delimitano il percorso delle mura, mentre la striscia di terreno che si estende dal muro fino alla linea dei cippi terminali è chiamata “pomerio”, proprio perché sta dietro o dopo il muro. Dove hanno intenzione di costruire una porta, asportano il vomere, sollevano l’aratro e lasciano uno spazio; per questo motivo credono che tutto il muro sia sacro tranne le porte; se infatti avessero considerato sacre anche le porte, non sarebbe stato possibile far entrare alcune cose e farne uscire altre necessarie e tuttavia impure senza timore religioso1.

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Il pomerio e l’esclusione dell’Aventino

Il pomerio istituito da Romolo terminava alle pendici del Palatino, poi, con l’ampliarsi della città, esso venne più volte allargato e finì per includere molti altri colli. Il diritto di ampliare il pomerio spettava a chi avesse accresciuto l’impero con la conquista di un territorio nemico; non è chiaro tuttavia perché tutti coloro che si avvalsero di questo diritto, compresi Servio Tullio, Silla e Cesare, non vollero includere l’Aventino, che pure è all’interno delle mura. Secondo Messalla, ciò dipendeva dal fatto che quello era il colle sul quale Remo avrebbe voluto fondare la sua città e dove aveva scelto di prendere gli auspici; ma poiché questi si erano rilevati infausti, l’Aventino venne ritenuto un luogo poco fortunato e quindi escluso dai confini augurali della città1.

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