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Miti

Epimenide cretese purifica Atene

La città di Atene era vittima di una grave pestilenza. Per purificare la città e guarire dal morbo, fu chiamato da Creta Epimenide. La pestilenza ebbe fine dopo che il purificatore cretese ebbe lasciate libere dall’Areopago, dove le aveva radunate, pecore bianche e nere: ai suoi assistenti disse di sacrificarle al dio del luogo dove si fossero fermate. Secondo un’altra tradizione, Epimenide, individuata la causa della pestilenza nell’eccidio perpetrato qualche decennio prima dalla famiglia degli Alcmeonidi a danno dei seguaci dell’aspirante tiranno Cilone, avrebbe compiuto il sacrificio umano di due giovani, Cratino e Ctesibio, e la sciagura sarebbe passata. Superata la crisi, Epimenide ritornò a Creta senza accettare il denaro che gli offriva la città per la sua prestazione1.

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Apollo uccide la dragonessa di Delfi

Quando fondò il tempio di Delfi e creò un culto che si sarebbe distinto per l’enorme affluenza di pellegrini e la ricchezza di offerte sacrificali, Apollo dovette fare i conti con un mostro serpentiforme, la dragonessa (drakaina), alle cui cure Era aveva affidato il mostruoso Tifone. La dragonessa uccideva spietatamente quanti incontrava ed era un potenziale pericolo per le folle di pellegrini che sarebbero confluite nel tempio. Apollo la uccise con una freccia e la lasciò imputridire al suolo. Il luogo in cui la dragonessa morì venne chiamato Pito dal verbo pytho ("imputridisco") e tutti da quel momento chiamarono Apollo "Pizio"1.

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Purificazione di Apollo dopo l'uccisione di Pitone

Dopo aver ucciso il serpente Pitone, custode di un oracolo preesistente, quello di Themis/ Apollo dovette scappare e andare supplice in Tessaglia, dove si purificò nelle acque del fiume Peneo. Cintosi di un ramoscello di lauro nella valle di Tempe, il dio tornò a Delfi a prendere pieno possesso del tempio. Secondo un’altra tradizione, dopo aver ucciso Pitone, Apollo, in compagnia di Artemide, arrivò a Egialea, antico nome di Sicione, per essere purificato; spaventati in una località che da quel momento si chiamò Phobos («paura»), deviarono per andare a Creta, da Carmanore, un purificatore1.

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