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Miti

Ratto di Persefone

La fanciulla era intenta a giocare e a raccogliere fiori insieme alle figlie di Oceano. Coglieva le rose, il croco e le splendide viole, coglieva l’iris e il giacinto, fin quando, attratta dal narciso insidioso, generato dalla terra su richiesta di Zeus per compiacere Ade, si protese a cogliere lo splendido giocattolo, dal profumo che inebria e stordisce. A quel punto la terra si aprì, lasciando un varco al signore degli Inferi che rapì la fanciulla sul suo carro, mentre urlava e implorava disperata il padre degli dèi, sottratta anzitempo alla sua giovinezza1.

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Ratto di Europa

La giovane Europa figlia di Fenice (o di Agenore) giocava insieme alle sue compagne sulle rive dell’Anauro, fiume della Tessaglia (secondo altre versioni sulla spiaggia di Sidone o di Tiro), raccogliendo fiori. Zeus la vide dall’acqua e fu preso d’amore per la fanciulla. Trasformatosi in un bel toro avvicinò la giovane e le sue compagne sul prato, seducendole con il suo profumo di rose, tanto che Europa, affascinata dal toro, incoraggiò le compagne a salirvi in groppa, per gioco, ma non fece in tempo a montarlo che subito il dio s’immerse in acqua, trascinandola via tra le onde. A nulla valsero le urla e le suppliche della fanciulla che, rivolta indietro verso le compagne, implorava il loro aiuto. Le creature del mare assecondavano la fuga di Zeus, mentre dalle profondità degli abissi risuonava un canto nuziale, fin a quando Europa, ormai a largo, ha il coraggio di chiedere al suo rapitore chi fosse mai. Allora, Zeus rivelata la propria identità le annuncia che presto si unirà in matrimonio con lui1.

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Teseo e Piritoo prigionieri nell'Ade

Teseo e l’inseparabile amico Piritoo scendono agli inferi per rapire niente meno che Persefone, sposa di Hades, ma quando giungono nell’aldilà cadono in un tranello. Hades li invita a banchetto in modo apparentemente cortese, ma li fa sedere sul trono detto «dell’oblio». Teseo e Piritoo vi rimangono attaccati, trattenuti da indissolubili spire serpentine. Piritoo rimane per sempre prigioniero di Hades, mentre Teseo è successivamente liberato da Eracle1.

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Rapimento di Persefone

Persefone raccoglie fiori bellissimi presso Nisa quando Ade, signore degli Inferi, balza dal sottosuolo con il suo carro d’oro e la rapisce. La vergine continua a invocare la madre per tutto il viaggio, finché Demetra ne sente l’eco e un dolore acuto le colpisce il cuore. Senza mangiare né bere né lavarsi, la dea vaga alla ricerca della figlia finché, venuta a sapere del rapimento, adirata, rifiuta di far emergere il raccolto dalla terra e di tornare nell’Olimpo finché la figlia non sia liberata. Zeus infine cede alla pressione di Demetra e lascia che la figlia torni da lei. Persefone però ha già mangiato il frutto di Ade, il melograno, e per questo resta legata agli Inferi, dove dovrà tornare e rimanere con il suo sposo per un terzo dell’anno, mentre il tempo restante potrà trascorrerlo con la madre1.

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Romolo organizza il ratto delle Sabine

Romolo capisce ben presto che la città da lui fondata non avrebbe superato la prima generazione per l’assoluta mancanza di donne. In un primo tempo invia delegazioni presso le città limitrofe a chiedere loro di «mescolare la stirpe», ma le risposte ricevute sono sprezzanti; il fondatore decide allora di ricorrere all’astuzia. Organizza a Roma un grande spettacolo, al quale sono invitati i popoli vicini; a un segnale convenuto i giovani romani si lanciano sulle donne presenti, avendo cura di rapire solo le vergini. Le ragazze sono quindi condotte alla presenza di Romolo, che le unisce in matrimonio ad altrettanti cittadini, invitandole ad amare i mariti che la sorte ha assegnato a ciascuna1.

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Differenze tra Romolo e Remo

In uno degli episodi che li vedono congiuntamente protagonisti, Romolo e Remo stanno celebrando un sacrificio in onore del dio Fauno quando vengono avvertiti che si è verificato un furto di bestiame nelle campagne circostanti e corrono in direzioni diverse. Remo in questo caso è più rapido e rientra prima del fratello nel luogo del sacrificio; lui e i suoi seguaci consumano allora le carni senza attendere l’arrivo di Romolo, al quale vengono lasciate le sole ossa1. In questo racconto (che costituisce il mito di fondazione dei Lupercalia, celebrati ogni anno il 15 febbraio da due gruppi di giovani che percorrono in direzioni opposte il perimetro del Palatino) Remo riesce dunque a risolvere più rapidamente del fratello la situazione di crisi per la quale è stato chiamato in causa; al tempo stesso, però, egli viola il principio della commensalità e dell’equa distribuzione delle carni fra due figure gerarchicamente paritetiche, impegnate nella celebrazione del medesimo rito. In un successivo momento della saga è invece Remo a lasciarsi catturare dai pastori di Alba Longa e Romolo a organizzare le forze in vista della sua liberazione; lo stesso nome Remus viene connesso da una parte della tradizione all’aggettivo remores, con il quale si designavano gli individui caratterizzati da lentezza nel corpo e ottusità nella mente2.

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