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Miti

Suicidio di Evadne sul rogo di Capaneo

Capaneo, uno dei setti eroi andati in armi contro Tebe, nella guerra fratricida tra Eteocle e Polinice, muore fulminato dalla folgore di Zeus. La moglie Evadne sale sulla roccia che sovrasta la casa, in prossimità del rogo funebre del marito, e si slancia ella stessa nel rogo per il desiderio di morire con lui, come dice con foga esaltata: «È morte dolcissima morire assieme a chi amiamo […] unirò il mio corpo allo sposo amato nella fiamma splendente, stringendo la mia carne alla sua. Giungerò al talamo nuziale di Persefone, e non ti tradirò mai»1.

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Creso non riesce a interpretare la profezia di Delfi

Indeciso se attaccare o meno il regno di Persia, Creso, ricchissimo e potentissimo re di Lidia, invia messi a Delfi a interrogare Apollo pitico: «Creso, re dei Lidi e di altre genti, […] chiede se debba marciare contro i Persiani». Per bocca della Pizia, il dio risponde che, intraprendendo la guerra, Creso avrebbe distrutto un grande impero. Certo che l’impero destinato alla distruzione sia quello persiano, Creso ricopre d’oro i Delfi e, per togliersi gli ultimi dubbi sulla spedizione, si rivolge di nuovo all’oracolo, chiedendo «se il suo regno sarebbe stato di lunga durata». Apollo risponde: «Quando un mulo diventerà re dei Medi, allora, o Lido dai piedi delicati, lungo l’Ermo ghiaioso fuggi e non fermarti e non vergognarti di essere vile». La risposta è accolta da Creso con gioia ed entusiasmo: un mulo – pensa – non potrà mai divenire re dei Medi. E questo significa che il suo regno non avrà certo fine con la guerra contro i Persiani. Fiducioso, il re lidio dà inizio alle ostilità, ma l’esito della guerra è disastroso: duramente sconfitto e per di più fatto prigioniero dai nemici, Creso è condannato al rogo e solo l’intervento di Apollo, che invia dal cielo una pioggia improvvisa, riesce a salvarlo dalle fiamme ordinate da Ciro. Conquistatasi la simpatia del re persiano per essere uomo caro agli dèi, Creso ottiene il permesso di inviare messi a Delfi per recare come offerta le sue catene di prigioniero e chiedere se gli dèi greci siano generalmente così ingrati verso i loro benefattori più generosi. La risposta della Pizia non si lascia attendere. Innanzitutto, la sconfitta di Creso era già stata predetta tempo prima da un oracolo delfico, che aveva preannunciato che la dinastia mermnade si sarebbe estinta al quarto discendente di Gige, ossia Creso. Inoltre, i vaticini resi da Apollo al re lidio si sono entrambi realizzati. Muovendo guerra contro i Persiani, Creso ha effettivamente distrutto un grande impero: il suo. In quel momento, un mulo era realmente re dei Medi: si trattava di Ciro, figlio di una principessa persiana (la cavalla) e di un uomo di rango inferiore (l’asino). Apollo ha detto a Creso la verità; è stato Creso a non comprenderla, dimostrandosi interprete per nulla saggio e accorto1.

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Relazione tra Anna e Didone

Nel mito, una simile declinazione della relazione fraterna non è assente, in particolare quando a entrare in gioco sono due sorelle: Anna costituisce una sorta di doppio minore della sorella Didone, regina di Cartagine, che a lei sola osa confessare i propri sentimenti nei confronti di Enea e in omaggio alle sue esortazioni accetta di mettere da parte la promessa di fedeltà a suo tempo fatta al cenere di Sicheo per abbandonarsi alla piena della passione. È poi ancora Anna a tentare un’impossibile riconciliazione quando la flotta troiana è ormai in procinto di salpare; ed è ancora lei a piangere sul corpo della regina suicida e a raccoglierne l’ultimo respiro, lamentando che quest’ultima non l’abbia voluta confidente dei suoi estremi propositi1. Le due sorelle sono anzi a tal punto fungibili che alcune versioni del mito attribuivano ad Anna il ruolo di amante di Enea e la scelta di gettarsi sul rogo dopo la partenza di quest’ultimo2.

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