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Miti

Nascita di Silvio

Ascanio, figlio di Enea, fondò sulle falde del monte Albano la città di Alba Longa. Il regno toccò poi al figlio Silvio, il cui nome si doveva al fatto di essere nato casualmente nei boschi (silvae). Secondo una variante del mito, dopo la morte di Enea, Lavinia fu presa dal timore che Ascanio volesse estromettere il figlio di Enea, del quale era incinta; cercò allora rifugio presso Tirreno, un guardiano di porci, e questi la nascose in una capanna situata nel mezzo di una fitta boscaglia. Quando il bambino venne alla luce, Tirreno lo allevò e gli diede il nome di Silvio, per il fatto che era nato nella selva1. L’appellativo di "Silvio" fu portato da quel momento da tutti i re di Alba Longa.

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Gli insegnamenti del padre: Enea e Ascanio

Prima di affrontare il decisivo duello con Turno, Enea si congeda dal figlio Ascanio e stringendolo a sé gli dice: «Figliolo, impara da me il coraggio e il vero travaglio, dagli altri la buona sorte. Da me riceverai difesa e grandi compensi. Tu, quando giungerai all’età adulta, fa’in modo di ricordartene e nel ripetere in cuor tuo gli esempi dei tuoi, ti inciti tuo padre e anche tuo zio Ettore»1.

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Odio di Ascanio per il fratello

Alla morte dell’eroe, quando il regno di Lavinio passa nelle mani di Ascanio, la matrigna di quest’ultimo, Lavinia, lasciata gravida dal marito, teme per l’incolumità del nascituro e decide di allontanarsi dalla città; il bambino viene partorito dunque nelle selve e proprio per questo riceve il nome di Silvius, il “figlio del bosco”, che lascia poi in eredità ai suoi successori1. Una variante a tinte più forti vuole che la persecuzione da parte di Ascanio non fosse solo un timore, ma una spiacevole realtà, alla quale Lavinia si sottrasse abbandonando la città di Alba2. L’ostilità di Ascanio si spiega alla luce della tradizionale inimicizia fra matrigna e figliastro, ma dipende soprattutto da ragioni politiche, legate al timore per la nascita di un potenziale rivale al trono.

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Il sogno di Enea e la promessa del Tevere

A Enea, addormentato lungo la riva del Tevere, il dio del fiume predice in sogno gli eventi che da lì a poco si verificheranno: l’epifania di una scrofa bianca circondata da trenta lattonzoli, come segno del luogo predestinato per la nascita della città, la fondazione di Alba da parte di Ascanio, la fine della guerra contro gli Italici. Al risveglio, Enea promette eterna devozione al dio, che interviene fermando il moto delle onde e consentendo all’eroe di risalire facilmente il fiume1.

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