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Metamorfosi di Cenide, da femmina a maschio

Giovane e ambita principessa tessala, Cenide accende con la sua bellezza il desiderio di Nettuno ed è costretta a subirne la violenza. Il dio del mare per ricompensarla le offre di regalarle ciò che più desidera, e la ragazza chiede di non esser più donna per non dover sopportare nuovamente lo stesso destino; Nettuno le concede così il grande dono della metamorfosi in uomo, a cui aggiunge di suo anche quello dell’invulnerabilità. Divenuta Ceneo, Cenide inizia dunque una nuova vita come giovane eroe; dotato di un corpo capace di resistere alle aggressioni e addirittura impenetrabile a qualsiasi tipo di ferita, il giovane ben presto sperimenta i vantaggi della sua nuova identità: nella battaglia contro i Centauri tiene valorosamente testa all’immane violenza dei suoi avversari. Nonostante la loro incredulità, che li spinge a ricordare con disprezzo il suo passato di ragazza e a schernirlo come “mezzo uomo”, l’eroe dà prova di straordinaria virilità. I Centauri riusciranno ad avere la meglio su di lui soltanto attaccandolo in gruppo: il giovane Ceneo finirà allora per scomparire sotto il gigantesco cumulo di tronchi di albero che essi gli scagliano contro1.

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Mostri infernali nell'Eneide

Dopo avere superato i mostri personificati, Enea, portando lo sguardo al centro del vestibolo, intravede un olmo immenso e scuro, dove si dice che abitino, a torme, i Sogni fallaci che danno suggerimenti ingannevoli ai mortali. Subito dietro l’olmo, c’è una ridda di creature orribili che presidiano minacciosamente le porte della reggia: i Centauri, le Scille biformi, Briareo dalle cento braccia, l’idra di Lerna, la Chimera, le Gorgoni e le Arpie e infine un mostro tricorpore cui non si assegna nome, ma che tutti sanno essere Gerione. Preso dal terrore, l’eroe sguaina la spada per difendersi dai mostri, ma la Sibilla lo informa che è inutile: si tratta solo di fantasmi incorporei che il ferro non potrebbe neanche colpire1.

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Eracle e il banchetto di Folo

Prima di affrontare la quarta delle sue dodici fatiche, la cattura del cinghiale di Erimanto, Eracle venne ospitato nella sua dimora dal Centauro Folo, figlio di Sileno, che lo invitò a cena servendo all’eroe carni cotte, mentre lui le mangiava crude. Quando Eracle gli chiese un po’di vino, Folo rispose che possedeva un orcio di vino che condivideva con gli altri Centauri, ma che non osava aprirlo. Eracle gli disse di non aver paura; convinto dalle parole dell’eroe, Folo decise allora di aprire l’orcio. Gravi furono le conseguenze di questa azione: attratti dal profumo del vino, i Centauri si presentarono davanti alla caverna di Folo armati di tutto punto; la lotta furibonda che si scatenò tra Eracle e le creature mostruose si concluse con la fuga dei Centauri, sconfitti dalla forza divina dell’eroe1.

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I Centauri alle nozze di Piritoo

Al matrimonio di Piritoo erano stati invitati anche i Centauri, in quanto parenti (fratellastri) dello sposo; secondo un’altra storia mitica, infatti, Issione li aveva generati dopo essersi unito con una nuvola. Durante il banchetto nuziale uno dei Centauri, Eurizione, aveva bevuto troppo vino, ma, non essendo abituato alla bevanda, in preda all’ubriachezza, aveva cercato di violentare la novella sposa. Questo comportamento sconsiderato aveva provocato l’immediata reazione di Piritoo, il quale, spalleggiato dall’inseparabile amico Teseo e da Eracle, aveva dato inizio a una furibonda battaglia con i compagni di Eurizione, che avevano finito per avere la peggio1.

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Il sangue avvelenato di Nesso

In punto di morte, il Centauro confida a Deianira che, in caso di necessità, avrebbe potuto riconquistare l’amore del marito con un filtro d’amore fatto con il suo sangue e il seme sparso durante il tentativo di violenza carnale. In realtà si tratta di un veleno mortale, poiché il sangue di Nesso, colpito dalle frecce di Eracle intrise del sangue dell’Idra, è letale tanto quanto il veleno stesso. Deianira, ignara, immerge in questa mortale pozione le vesti di Eracle, che si attaccano al corpo dell’eroe dilaniandolo e portandolo alla morte1. Altri due Centauri muoiono a causa del sangue letale di cui sono intrise le frecce di Eracle: Chirone e Pilenore. Il primo, consapevole di non poter curare la propria ferita, si ritira in una grotta per morire, ma non può, poiché è immortale. Allora Prometeo, mortale, si offre di cedergli la sua mortalità2(vedi sez. IA.4; VIIIA.3). Il secondo, Pilenore, si reca al ruscello Anigro, dove cade la freccia. Da quel momento in poi il ruscello diviene avvelenato, dall’odore e dalle proprietà malefiche, e i pesci che vivono in esso diventano incommestibili3.

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Peleo abbandonato durante la caccia

Peleo era giunto a Iolco per essere purificato da un omicidio, ma Astidamia, moglie di Acasto, lo aveva falsamente accusato di aver tentato di violentarla. Acasto non volle uccidere un uomo con cui aveva stretto legami rituali e tentò quindi di far sì che egli morisse durante una battuta di caccia: Peleo uccise molte belve e tagliò loro la lingua, che riponeva nella bisaccia, ma non i loro corpi, che invece vennero raccolti dagli uomini di Acasto. Essi poi lo derisero, dicendo che non aveva ucciso alcuna preda, ma Peleo mostrò loro le lingue e li mise a tacere. Durante la notte, Acasto nascose la spada di Peleo sotto del letame e si allontanò. Peleo si svegliò circondato dai Centauri, che avrebbero avuto la meglio su di lui se Chirone, il più saggio fra loro, non avesse preso le sue difese e restituito l’arma al legittimo proprietario1.

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