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La vecchia mezzana

A un mugnaio era toccata in sorte la peggiore delle mogli, che tradiva il marito e attirava a sé con l’inganno tutti gli uomini. Ogni giorno era con lei una vecchia che faceva la ruffiana delle sue tresche e portava i messaggi agli amanti. Un giorno la vecchia, insoddisfatta del nuovo amante che la donna aveva per le mani, la ammonì: «Te lo avevo detto io che questo amante è pigro e pauroso! Basta che il tuo noioso marito aggrotti le sopracciglia, che lui si mette a tremare. Quanto è meglio Filesitero! Lui sì che è giovane, bello, infaticabile e capace di eludere le inutili precauzioni dei mariti». A questo punto la vecchia si mette a raccontare di come una volta Filesitero era riuscito con una brillante trovata a spegnere del tutto i sospetti di un marito che si credeva astuto e che invece finì per essere tradito e ingannato. Al sentire il racconto la moglie del mugnaio provò invidia per quella donna fortunata che aveva potuto godere di un amante così sicuro del fatto suo e si commiserava: «Io, poveretta, ne ho beccato uno che ha paura persino del rumore della macina!». Ma la vecchia ruffiana la rassicurò: «Tranquilla! Te lo convincerò io questo ragazzo così spigliato e te lo farò venire qui più veloce che per un mandato di comparizione!». E infatti così avvenne1.

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Filesitero, un seduttore esemplare

Oltre a essere bello, Filesitero era un giovane munifico, ardimentoso e ostinato, specie quando si trattava di sedurre. Alla sua attenzione non sfuggì la nobile avvenenza di Arete, una donna di straordinaria bellezza, ma sposata a Barbaro, un tale dai modi aggressivi che in città chiamavano “lo Scorpione” e che la teneva sotto strettissima sorveglianza, benché quella passasse il tempo per lo più in casa, intenta a filare la lana. Eccitato proprio dalla sua castità e infiammato dall’eccezionalità di quella ben nota sorveglianza, Filesitero era pronto a fare qualsiasi cosa pur di averla. Un giorno, Barbaro dovette partire e lasciò Arete sotto la custodia di un fedelissimo servo, Mirmece. Filesitero, convinto della fragilità della fedeltà umana quanto del potere dell’oro, non esitò ad avvicinare lo schiavo e a rivelargli la sua passione. Supplicandolo, lo prega di alleviare il suo tormento e si dichiara deciso a darsi la morte, qualora non ottenga ciò che desidera. Infine, mostra a Mirmece delle monete d’oro, venti per Arete, se accetterà la sua corte, e dieci per lui, in cambio del suo aiuto. Mirmece finisce per cedere, e con lui anche la donna. Ma Barbaro torna a casa prima del previsto e Filesitero, per la fretta di scappare, dimentica le scarpe. Al mattino, lo Scorpione trova sotto il letto dei sandali da uomo a lui ignoti. Ordina allora che Mirmece sia portato in ceppi nel Foro per non aver fatto il suo dovere. Quando vede il servo in catene, Filesitero intuisce tutto e si scaglia contro di lui: «Ti sta bene, furfante maledetto, che ieri, ai bagni, mi hai rubato i sandali!». Sollevato da queste parole e opportunamente ingannato, Barbaro libera Mirmece e gli raccomanda di restituire i sandali1.

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