Poiché Efesto era stato informato dal Sole che, tutte le volte che si allontanava da casa, sua moglie Afrodite si incontrava di nascosto con l’amante Ares, Efesto si recò nella sua fucina e, per vendicarsi della moglie fedifraga, forgiò sull’incudine una serie di catene così robuste che non si potevano né spezzare né sciogliere. Recatosi nella sua dimora, entrò nella camera da letto e collocò le catene (che, essendo sottili come tele di ragno, erano quasi invisibili) sopra il letto nuziale. Preparata la trappola, finse di partire per l’isola di Lemno; avendolo visto allontanarsi, Ares entrò nella casa del fabbro divino e salì con Afrodite sul talamo. Quando le catene caddero su di loro, capirono di essere prigionieri: Efesto convocò tutti gli dèi per far vedere loro i due indegni amanti, chiedendo a Zeus di restituirgli i doni nuziali che gli aveva dato prima di prendere in sposa Afrodite1.