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Miti

Ripartizione degli onori

Il poema si apre con l’immagine delle Muse che rallegrano con il loro canto gli Olimpi, e con quella di Zeus che è celebrato per aver ripartito equamente gli onori (timas) tra gli dèi. Come il canto teogonico di Hermes nell’1, quello di Esiodo racconta come e quando gli dèi vennero all’esistenza e in che modo essi si spartirono gli onori. Nella narrazione esiodea tali temi sono strutturalmente collegati al mito di successione: dal tessuto del racconto si evince infatti che anche al tempo di Crono c’era stata una ripartizione (dasmos) degli onori tra gli dèi. Al momento di guadagnarsi alleati nella lotta contro Crono e i Titani, Zeus promette di procedere, una volta divenuto sovrano, a una nuova ripartizione, confermando gli onori delle divinità che li avevano già ricevuti, ma anche conferendoli a quelle cui non erano stati ancora riconosciuti: il dio si impegna a una ripartizione rispettosa della themis2. Dopo aver sprofondato nel Tartaro Crono e i Titani, Zeus sconfigge anche un ultimo avversario, Tifeo, temibile dio che incarna le forze del caos, ed è a questo punto che egli ottiene per investitura la time regale. Forte di tale riconoscimento, il legittimo sovrano mantiene la promessa fatta e come primo atto del suo regno ripartisce in modo equo gli onori (diedassato timas) tra gli dèi, riconoscendo a sua volta le legittime prerogative di ciascuno di essi. Dopo aver stabilizzato il suo regno incorporandosi la dea Metis, che incarna l’intelligenza astuta e preveggente, egli prende poi in sposa Themis, la potenza divina che rappresenta la norma e l’esigenza di equilibrio, con cui genera non solo le Ore ma anche le Moire, ovvero le “Parti”.

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Notte e Giorno come cicli del tempo

Questa concezione sembra essere sottesa alla generazione di Notte da Caos, che fu la prima entità esistente, e quindi di Giorno da Notte, unitasi con il fratello Erebo: Notte e Giorno non sono altro che due rappresentazioni del tempo in una delle sue basilari sequenze cicliche, ossia nell’alternanza giornaliera di oscurità e luce. E lo stesso può dirsi delle Ore (approssimabili alle stagioni), figlie di Zeus e Temi, che scandivano i ritmi delle opere degli uomini1. Secondo un’altra tradizione documentata nell’Eroico di Filostrato2, stagioni, mesi e anni potevano anche ridursi a pure convenzioni, scaturite dalla creatività di un inventore non divino, come il geniale Palamede: inventore delle lettere dell’alfabeto e, dunque, promotore di quel processo di “denominazione” che comportava la identificazione – cioè creazione – delle cose .

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