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Morte di Lauso

Già le Parche tessevano gli ultimi fili per il giovane Lauso, mentre Enea affondava la sua valente spada in pieno petto al ragazzo: in un istante la sua tunica si riempì di sangue e la vita fuggì triste all’aldilà. Ma appena Enea vede quel giovane volto assumere il pallore della morte, lo compiange profondamente: «Cosa potrò concederti che sia degno di un’indole così valente? Terrai le armi di cui andasti tanto fiero e ti restituirò ai tuoi. Ma una cosa sola consolerà la tua infelice morte: cadi per mano del grande Enea»1.

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Le lettere dell’alfabeto: dalla Grecia a Simonide

Secondo Igino, alle tre Parche, le divinità alle quali era affidato il destino di ogni singolo uomo, spetterebbe l’invenzione di sette lettere dell’alfabeto: la alfa, il beta, l’eta, il tau, la iota e la hypsilon. Fu invece una figura mitica, Palamede, figlio di Nauplio, colui che inventò altre lettere dell’alfabeto (per la precisione, undici). Un altro personaggio (storico, questa volta), il poeta Simonide, nato a Ceo verso la metà del VI secolo a.C, ne inventò quattro: l’omega, la epsilon, la zeta e la phi. Altre due lettere (il pi e la psi), che portarono il totale a ventiquattro, sarebbero state infine inventate da un poeta comico, Epicarmo, nato a Siracusa qualche decennio dopo Simonide.

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