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Enea e il mantello di Didone

Dalla loro prima unione nella spelonca, Enea e Didone non si sono più separati e la regina, presa dall’amore, si dimentica del regno e dei suoi doveri. I due amanti passano l’inverno nelle mollezze, rapiti da una vergognosa passione, finché la fama di quell’unione giunge alle orecchie di Iarba, il pretendente respinto, che sdegnato invoca l’intervento degli dèi. Lo sente Giove e ordina a Mercurio di richiamare Enea al suo destino: reggere l’Italia dopo un’aspra guerra, fondare dal nobile sangue di Teucro una nuova stirpe e sottomettere il mondo intero alle sue leggi. Mercurio scende rapido sulla terra e scorge Enea col mantello di porpora che Didone ha tessuto per lui, intento a fabbricare case per la sua regina, e lo investe con una dura invettiva, trasmettendogli l’ordine di salpare che viene direttamente da Giove. Scosso da quell’apparizione, Enea torna in sé e si decide a partire1.

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Orazio e il tradimento della sorella

Avvicinandosi alle porte della città dopo la conclusione del duello, Orazio si stupisce di scorgere tra la folla che si affretta nella sua direzione il profilo della sorella, una vergine in età da marito, ma poi si convince che Orazia voglia essere la prima a felicitarsi con il fratello superstite e a conoscere gli atti di valore compiuti dagli altri Orazi meno fortunati. In realtà la ragazza è mossa dall’amore per uno dei Curiazi, al quale è stata promessa dal padre. La vista di un mantello che lei stessa aveva tessuto tra le spoglie dei Curiazi uccisi le rivela la drammatica verità: inizia allora a strapparsi le vesti, a battersi il petto e insieme a inveire contro Orazio, capace di uccidere coloro che era abituato a definire fratelli. Un’altra fonte1aggiunge che alla richiesta di Orazio di ricevere il bacio rituale che a lui spettava in quanto fratello, secondo le pratiche del cosiddetto “diritto del bacio”, Orazia oppone un secco rifiuto: un gesto dal valore simbolico molto forte, che segnala la rottura della solidarietà familiare. Orazio allora trafigge a morte la sorella, colpevole di manifestare il proprio cordoglio per la morte di un fidanzato che la guerra aveva però trasformato in nemico e insieme nell’assassino dei suoi fratelli. Processato per il suo crimine e poi assolto, Orazio deve comunque sottoporsi alle necessarie cerimonie di purificazione: vengono così innalzati due altari, uno a Giunone Sororia, l’altro a Giano Curiatius; al centro fra i due venne infine piantato un giogo, costituito da una trave orizzontale fissata su pali verticali e chiamato tigillum sororium, la «trave della sorella», sotto il quale il giovane Orazio venne fatto passare in segno di espiazione2.

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