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Miti

Prodigi prima delle nozze di Lavinia

Il re Latino ha solo una figlia, Lavinia, ormai in età da marito. Molti pretendenti giungono a chiedere la sua mano, e primo fra tutti il bellissimo Turno, che la moglie di Latino, Amata, spera con tutto il cuore diventi suo genero; in effetti, a lui Latino ha promesso la figlia. Ma gli dèi si oppongono a quelle nozze con terribili prodigi. Prima, il grande lauro intorno al quale il re ha fondato la città viene attaccato da un fitto sciame di api; poi, mentre Lavinia brucia sugli altari pure fiaccole, una fiamma crepitante le avvolge il capo e il diadema senza bruciare: è il presagio di un destino illustre, ma anche di una grande guerra. Latino decide allora di chiedere un responso al padre Fauno, che gli suggerisce di attendere per le nozze l’arrivo di un eroe straniero1.

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Enea e la Sibilla placano Cerbero

Una volta traghettato al di là dell’Acheronte, Enea e la sua guida si imbattono in Cerbero, il cane a tre teste con i colli orlati di serpi, che con il suo latrato rintrona i regni infernali. Il cane ha dimensioni enormi e, accucciato, occupa l’intera ampiezza di un enorme antro sito nei pressi della riva. Non appena scorge l’eroe e la Sibilla, comincia ad abbaiare e i suoi colli serpigni si arruffano. A questo punto la profetessa getta nelle sue fauci un’offa di miele e farina. Il cane la afferra al volo e, subito dopo averla ingollata, si addormenta1.

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Purificazione di Oreste

Il doppio assassinio, della madre e del suo amante, fu ispirato da Apollo, ma comunque Oreste dovette purificarsi. Anche la sua purificazione ha a che fare con Apollo: sull’ara domestica del dio è il sacrificio di un verro lattante per mondare l’impurità di Oreste1. In altre tradizioni il figlio di Agamennone arrivò in Italia e nell’area di Reggio, nelle acque del fiume Metauro (odierno Petrace), fece un bagno purificatore, appese a un albero l’arma dell’omicidio, una spada, eresse un tempio in onore di Apollo in un bosco dal quale i Reggini raccoglievano un ramo di lauro ogni volta che inviavano una delegazione a Delfi2.

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ino_roma

La storia inizia nella città greca di Tebe, dove si trova la giovane donna Ino, sposa del re Adamante. Inoè anche sorella di Semele, dalla cui relazione amorosa con Zeus nasce Dioniso. A causa dell’ira di Giunone, però, Semele è stata fulminata. Dalle ceneri del suo corpo viene estratto il feto di Dioniso, che viene cucito nella coscia di Zeus per completarne la gestazione. Una volta nato (o rinato dalla coscia del padre), Dioniso viene affidato a Ino, che se ne occupa in qualità di zia materna. A questo punto la collera di Giunone per il tradimento di Zeus si rivolge contro di lei e la sua famiglia. Giunone fa in modo che Inovenga a sapere che Adamante, il marito, aveva una concubina. Resa folle dalla gelosia, Inobrucia i semi con cui si sarebbe dovuto ottenere il futuro raccolto. Quest’atto sconsiderato, che può provocare una grave carestia, suscita a sua volta l’ira furiosa di Adamante che uccide uno dei figli avuti con Ino. La giovane madre scappa con l’altro figlio, Melicerta, nel tentativo di salvargli la vita. Fuggono fino al mare in cui si gettano saltando da una rupe. Le divinità marine hanno pietà di loro e, nel mito greco, le divinizzano: lei prende il nome di Leucotea, la dea bianca, in ricordo della bianca schiuma del mare, e il figlio quello di Palemone. Nel mito romano, invece, la loro storia non termina qui. Dopo un viaggio per mare e, in seguito, nel Tevere, i due approdano nel centro di quella che sarà un giorno Roma, vicino al futuro Foro Boario, dove si trovano anche l’Ara Maxima di Ercole e il Tempio di Carmentis. Al loro arrivo, madre e figlio sono attaccati da un gruppo di Menadi, che vogliono impossessarsi del bambino. Inochiede aiuto ed è proprio Ercole che, udite le grida, viene in suo soccorso. Liberati dalle donne infuriate, madre e bambino vengono accompagnati da Carmentis, dea della profezia proveniente anche lei dalla Grecia. Questa provvede a rifocillarli offrendo loro quei biscotti che diventeranno in seguito un’offerta rituale e a tranquillizzarli, rivelando loro di essere al termine delle sofferenze: madre e bambino diventeranno delle divinità del Lazio e saranno conosciuti come Mater Matuta, cioè la divinità dell’aurora e dell’infanzia dei bambini, e Portunus, nome che indica il suo stretto rapporto con le acque navigabili1.

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