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Notte e Giorno come cicli del tempo

Questa concezione sembra essere sottesa alla generazione di Notte da Caos, che fu la prima entità esistente, e quindi di Giorno da Notte, unitasi con il fratello Erebo: Notte e Giorno non sono altro che due rappresentazioni del tempo in una delle sue basilari sequenze cicliche, ossia nell’alternanza giornaliera di oscurità e luce. E lo stesso può dirsi delle Ore (approssimabili alle stagioni), figlie di Zeus e Temi, che scandivano i ritmi delle opere degli uomini1. Secondo un’altra tradizione documentata nell’Eroico di Filostrato2, stagioni, mesi e anni potevano anche ridursi a pure convenzioni, scaturite dalla creatività di un inventore non divino, come il geniale Palamede: inventore delle lettere dell’alfabeto e, dunque, promotore di quel processo di “denominazione” che comportava la identificazione – cioè creazione – delle cose .

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Il caos primordiale e la creazione del mondo

In origine l’universo era un ammasso informe di cose indistinte e in continuo conflitto fra loro. Gli antichi lo chiamavano Caos. Poi un dio mise fine a questi contrasti, distinguendo ogni cosa attraverso confini precisi: separò il cielo dalla terra e la terra dal mare e diede alla terra l’aspetto di un globo; ogni regione fu popolata, le distese celesti dagli dèi, le acque dai pesci, l’aria dagli uccelli e la terra dalle fiere. In ultimo comparve l’uomo, forse creato da quel dio o, come ritengono altri, dal Titano Prometeo, impastando con acqua piovana la terra da poco separatasi dall’etere che ancora conteneva in sé i semi celesti. E mentre tutti gli altri animali tenevano il muso chino al suolo, agli uomini fu data la capacità di rivolgere il capo verso l’alto e di guardare le stelle1.

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Il racconto del Caos

«Gli antichi mi chiamavano Caos. Quando l’aria, il fuoco, la terra e l’acqua, inizialmente confusi tra loro, cominciarono a separarsi e a occupare ciascuno un proprio spazio, io che ero stato fino a quel momento un gigantesco globo informe assunsi un aspetto antropomorfo, pur conservando una qualche rotondità, retaggio della mia antica natura: non possiedo infatti un solo volto, come gli esseri umani, ma un identico volto anche là dove questi hanno la nuca, apparendo così lo stesso da entrambi le parti»1.

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