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Il coraggio di Clelia

Tra gli ostaggi di Porsenna vi erano anche ragazze di nobili famiglie romane. Una di queste, Clelia, ebbe l'ardire di scappare, insieme alle sue compagne, attraversando a nuoto il Tevere, mentre i nemici le scagliavano contro una fitta pioggia di dardi. Porsenna in un primo momento chiese la restituzione di Clelia, poi iniziò a provare ammirazione per il coraggio della fanciulla e fece sapere ai Romani che, se avessero consegnato l’ostaggio, lo avrebbe rimandato illeso. In segno di rispetto della parola data i Romani cedettero Clelia a Porsenna, che non solo ne lodò il comportamento, ma le concesse la metà degli ostaggi. Anche i Romani apprezzarono l’impresa di Clelia e premiarono il suo coraggio con un nuovo genere di onore, una statua equestre sulla via Sacra1.

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Orazio Coclite e Clelia: il coraggio sul Tevere

Quando gli Etruschi di Porsenna marciarono su Roma, l’unico punto d’accesso alla città era costituito dal ponte Sublicio, sospeso sul Tevere. Orazio Coclite convinse allora i compagni, ormai in fuga verso l’altra riva, a distruggere il ponte. Il passaggio crollò, Orazio si gettò nel fiume, levò una preghiera al dio Tiberino e raggiunse incolume l’altra sponda. In seguito, l’impresa sarebbe stata replicata da Clelia, finita tra gli ostaggi di Porsenna. La ragazza, capeggiando un gruppo di vergini, si lanciò nell’acqua e superò indenne i mulinelli del Tevere, destando l’ammirazione del nemico e ottenendo l’onore di una statua1.

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