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Divinizzazione di Anna Perenna

Fuggita da Cartagine, in mano ormai al nemico Iarba, Anna si ritrova dopo un lungo peregrinare nel Lazio, dove Enea ha ereditato il regno di Latino. Commosso nel vederla, l’eroe accoglie Anna con grande affabilità, tanto da suscitare la gelosia della moglie Lavinia, che inizia a tramare insidie contro di lei. Avvertita in sogno da Didone, Anna balza dal letto e fugge atterrita dalla reggia. La sua corsa, però, si arresta presso la riva del fiume Numicio: si crede, infatti, che il fiume stesso l’abbia afferrata celandola nelle sue onde. Il giorno dopo Enea va alla ricerca di Anna, seguendone le tracce fino al fiume, e qui ode una voce: «Sono una ninfa del fiume Numicio: celata nell’onda perenne, mi chiamo Anna Perenna»1.

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Prodigi prima delle nozze di Lavinia

Il re Latino ha solo una figlia, Lavinia, ormai in età da marito. Molti pretendenti giungono a chiedere la sua mano, e primo fra tutti il bellissimo Turno, che la moglie di Latino, Amata, spera con tutto il cuore diventi suo genero; in effetti, a lui Latino ha promesso la figlia. Ma gli dèi si oppongono a quelle nozze con terribili prodigi. Prima, il grande lauro intorno al quale il re ha fondato la città viene attaccato da un fitto sciame di api; poi, mentre Lavinia brucia sugli altari pure fiaccole, una fiamma crepitante le avvolge il capo e il diadema senza bruciare: è il presagio di un destino illustre, ma anche di una grande guerra. Latino decide allora di chiedere un responso al padre Fauno, che gli suggerisce di attendere per le nozze l’arrivo di un eroe straniero1.

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enea_latino

Quando Enea arriva nel Lazio si rivolge proprio a lui per stipulare un’alleanza. L’incontro permette a Enea di accedere al palazzo regale di Latino in cui vede che le statue lignee rappresentanti gli antenati divini e umani condividono lo stesso spazio, sono disposte cioè le une dopo le altre senza soluzione di continuità1.

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latino_oracolo

Virgilio nell’12racconta che a questa forma di divinazione ricorse il re Latino quando vide il suo popolo in grave difficoltà: «Il re, ansioso per i presagi, ricorre all'oracolo di Faunus, il padre che dava i responsi, e ne consulta il bosco nella profonda Alburnea […] qui le genti d'Italia e tutta la terra enotria chiedono responsi nel dubbio». Il sacerdote, dopo aver celebrato un sacrificio, si coricò sulla pelle di pecora, in attesa del sonno. Una volta addormentato fu finalmente ammesso al colloquio con gli dèi .

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I Latini vengono spinti all'esogamia

Nella città del re Latino si verifica un singolare prodigio: sull’alloro sacro posto al centro della reggia si era infatti installato uno sciame di api. L’indovino di corte spiega che il fenomeno preannuncia l’arrivo di un gruppo di stranieri: sono appunto i Troiani di Enea, i cui primi ambasciatori entrano infatti in scena di lì a poco. L’oracolo di Fauno, dio fatidico e padre dello stesso Latino, conferma l’interpretazione del prodigio e mette in guarda il re dal cedere Lavinia a un partner locale, perché il futuro genero del re verrà da lontano1. È intorno a questo vaticinio che si accende il conflitto con la regina Amata, che ha scelto per la figlia un partner, Turno, che non solo appartiene alla consanguinea popolazione dei Rutuli, ma è legato alla stessa Amata da uno stretto rapporto di parentela, in quanto figlio di sua sorella Venilia.

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Il responso di Fauno a Latino: un destino straniero

Nell’era lontana dei primordi, il re Latino governava da tempo su città e terre serene. Per volere degli dei, non aveva prole maschile; gli restava solo una figlia, Lavinia, che oscuri prodigi gli impedivano di dare in sposa. Profondamente turbato da ciò, il buon re decise di ricorrere agli oracoli di Fauno, il suo fatidico padre, e si recò dunque a consultare i boschi sacri presso la fonte Albunea. Le genti italiche conoscevano un rituale antico per ottenere i responsi divini, che aveva luogo in un bosco nel cuore della notte: il sacerdote, dopo aver recato doni agli dei ed essersi disteso sulle pelli degli animali sacrificati, era raggiunto nel sonno da visioni che si agitavano in modi sorprendenti davanti ai suoi occhi e udiva le voci più diverse; ammesso a colloquio con gli dei, dialogava così con Acheronte nel profondo Averno. Latino seguì il rito. Sacrificate cento pecore lanute, stava sdraiato supino sulle loro pelli, quando all’improvviso giunse una voce dalle profondità del bosco: non tentasse di unire in matrimonio la figlia con un Latino; generi stranieri sarebbero arrivati, i cui discendenti avrebbero esteso il loro dominio sul mondo intero1.

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