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Il responso di Fauno a Latino: un destino straniero

Nell’era lontana dei primordi, il re Latino governava da tempo su città e terre serene. Per volere degli dei, non aveva prole maschile; gli restava solo una figlia, Lavinia, che oscuri prodigi gli impedivano di dare in sposa. Profondamente turbato da ciò, il buon re decise di ricorrere agli oracoli di Fauno, il suo fatidico padre, e si recò dunque a consultare i boschi sacri presso la fonte Albunea. Le genti italiche conoscevano un rituale antico per ottenere i responsi divini, che aveva luogo in un bosco nel cuore della notte: il sacerdote, dopo aver recato doni agli dei ed essersi disteso sulle pelli degli animali sacrificati, era raggiunto nel sonno da visioni che si agitavano in modi sorprendenti davanti ai suoi occhi e udiva le voci più diverse; ammesso a colloquio con gli dei, dialogava così con Acheronte nel profondo Averno. Latino seguì il rito. Sacrificate cento pecore lanute, stava sdraiato supino sulle loro pelli, quando all’improvviso giunse una voce dalle profondità del bosco: non tentasse di unire in matrimonio la figlia con un Latino; generi stranieri sarebbero arrivati, i cui discendenti avrebbero esteso il loro dominio sul mondo intero1.

Fonti
  1. Virgilio, Aen. 7, 81 ss.

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