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Miti

Dioniso, il dio lo straniero, arriva a Tebe

All’arrivo di Dioniso a Tebe, le donne tebane negano che egli sia un dio: sono infatti convinte che Semele abbia mentito e che invece di unirsi a Zeus abbia avuto una relazione con un comune mortale. Per questo Dioniso le ha punite rendendole folli e spingendole sul Citerone a compiere riti bacchici: a guidare i riti è ora Agave, sorella di Semele e madre di Penteo, al quale Cadmo aveva affidato il regno. Cadmo e Tiresia, ormai vecchi, sapendo di non potersi opporre alla divinità partecipano alle danze in onore del dio. Penteo invece, adirato, fa catturare e imprigionare alcune baccanti. Dioniso in persona entra allora a Tebe avendo assunto le sembianze di un giovane proveniente dalla Lidia, si lascia catturare dal re che lo ritiene responsabile della diffusione dei misteri e dei riti orgiastici, continuando a negare la divinità di Dioniso. Il giovane, stimolando la curiosità di Penteo, lo persuade facilmente a travestirsi da donna e ad andare a spiare le Baccanti sul monte. Agave e le sue sorelle non riconoscono l’uomo e, scambiandolo per una bestia feroce, lo dilaniano, facendolo a brandelli. Agave stessa torna a Tebe reggendo esultante la testa del figlio. È infine Cadmo che fa rientrare Agave in sé: la donna, disperata, è sopraffatta dall’orrore per quanto ha compiuto. L’intera città è così messa in guardia dai pericoli derivanti dal disprezzare la divinità e dal rifiutarle un culto (Euripide, Bacch.).

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Aracne e Atena, la sfida di tessitura

Aracne è una bellissima fanciulla della Lidia, espertissima nella tessitura tanto che persino le ninfe vengono ad ammirare le sue tappezzerie. Tuttavia crede di dovere la sua arte soltanto alla sua personale abilità e non riconosce dunque il dono della dea. La quale, sotto le sembianze di una vecchia, le appare e le consiglia la modestia, ricevendone in risposta soltanto insulti. La dea si rivela allora ad Aracne con cui inizia una gara: Atena tesse una tappezzeria con gli dei olimpici in scene di superbia umana punita, Aracne invece scene di amori degli dei, come Zeus ed Europa. Il tessuto della fanciulla è talmente bello e perfetto che Atena adirata lo distrugge, mentre Aracne per l’umiliazione si impicca. La dea però la trasforma in ragno che continua a filare e tessere la sua tela1.

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Scambio di vesti, e nudità in occasione dei Lupercalia

Innamoratosi di Onfale, e introdottosi nella grotta in cui la regina di Lidia giaceva insieme con Eracle, Fauno credendo di mettere le mani su di lei si era invece trovato ad accarezzare le parti basse di lui, che si era scambiato le vesti con l’amante per un vezzoso gioco erotico. «L’Alcide rise, assieme a tutti quelli che lo videro caduto a terra, e la fanciulla lidia si fece beffe dell’amante. Il dio, che fu canzonato da una veste, adesso non ama le vesti, che ingannano gli occhi, e chiama nudi ai riti»1.

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Creso non riesce a interpretare la profezia di Delfi

Indeciso se attaccare o meno il regno di Persia, Creso, ricchissimo e potentissimo re di Lidia, invia messi a Delfi a interrogare Apollo pitico: «Creso, re dei Lidi e di altre genti, […] chiede se debba marciare contro i Persiani». Per bocca della Pizia, il dio risponde che, intraprendendo la guerra, Creso avrebbe distrutto un grande impero. Certo che l’impero destinato alla distruzione sia quello persiano, Creso ricopre d’oro i Delfi e, per togliersi gli ultimi dubbi sulla spedizione, si rivolge di nuovo all’oracolo, chiedendo «se il suo regno sarebbe stato di lunga durata». Apollo risponde: «Quando un mulo diventerà re dei Medi, allora, o Lido dai piedi delicati, lungo l’Ermo ghiaioso fuggi e non fermarti e non vergognarti di essere vile». La risposta è accolta da Creso con gioia ed entusiasmo: un mulo – pensa – non potrà mai divenire re dei Medi. E questo significa che il suo regno non avrà certo fine con la guerra contro i Persiani. Fiducioso, il re lidio dà inizio alle ostilità, ma l’esito della guerra è disastroso: duramente sconfitto e per di più fatto prigioniero dai nemici, Creso è condannato al rogo e solo l’intervento di Apollo, che invia dal cielo una pioggia improvvisa, riesce a salvarlo dalle fiamme ordinate da Ciro. Conquistatasi la simpatia del re persiano per essere uomo caro agli dèi, Creso ottiene il permesso di inviare messi a Delfi per recare come offerta le sue catene di prigioniero e chiedere se gli dèi greci siano generalmente così ingrati verso i loro benefattori più generosi. La risposta della Pizia non si lascia attendere. Innanzitutto, la sconfitta di Creso era già stata predetta tempo prima da un oracolo delfico, che aveva preannunciato che la dinastia mermnade si sarebbe estinta al quarto discendente di Gige, ossia Creso. Inoltre, i vaticini resi da Apollo al re lidio si sono entrambi realizzati. Muovendo guerra contro i Persiani, Creso ha effettivamente distrutto un grande impero: il suo. In quel momento, un mulo era realmente re dei Medi: si trattava di Ciro, figlio di una principessa persiana (la cavalla) e di un uomo di rango inferiore (l’asino). Apollo ha detto a Creso la verità; è stato Creso a non comprenderla, dimostrandosi interprete per nulla saggio e accorto1.

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Aracne e la tessitura

La giovane Aracne aveva raggiunto una grande reputazione nell’arte di tessere la lana, sorpassando tutte le altre donne della Lidia. Ma, durante una festa, si vantò della sua bravura in modo troppo insolente, giungendo perfino a sfidare Atena. La dea prese allora le sembianze di una vecchia e si recò dalla ragazza per consigliarle di moderare la sua audacia. Ma, avendo visto che Aracne persisteva nel suo atteggiamento, riprese il suo aspetto consueto e decise di accettare la sfida: chi delle due fosse stata la più brava a realizzare una tela su un tema specifico avrebbe vinto. Atena ricamò sulla sua tela la contesa che aveva sostenuto con Poseidone per il possesso di Atene, mentre Aracne vi raffigurò tutti gli amori adulterini consumati tra gli dèi maschi (soprattutto Zeus e Poseidone) e le donne mortali. Furibonda per l’insolenza dimostrata dalla ragazza, che aveva avuto l’ardire di sfidarla, ma anche gelosa per la sua abilità nel ricamo, Atena strappò la splendida tela tessuta da Aracne e la percosse con la spola. Incapace di sopportare l’umiliazione, Aracne si impiccò; la dea allora la trasformò in un ragno, condannandola, insieme ai suoi discendenti, a tessere per sempre le sue tele .

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Creso e il mulo: interpretare l’oracolo di Apollo

La Pizia gli diede questo responso: «Quando un mulo diventerà re dei Medi, allora, o uomo della Lidia dai piedi delicati, sarà meglio per te fuggire lungo il fiume Ermo pieno di ciottoli, senza fermarti, senza vergognarti d’essere un vigliacco». Anziché insospettirsi davanti a una simile risposta, tanto chiara all’apparenza quanto palesemente assurda, il re scelse la strada più semplice: preferì interpretarla alla lettera, per mettersi l’animo in pace. Così facendo, però, Creso non comprese che Apollo aveva parlato in senso metaforico: il termine "mulo" non andava inteso in senso letterale, vale a dire come un animale nato dall’unione di un asino con una cavalla, ma come l’equivalente di "uomo nato da due genitori molto diversi" (nel caso specifico, da un padre umile e da una madre nobile). Come spiega più avanti lo stesso Erodoto, il "mulo" in questione era Ciro, il futuro re dei Persiani: sua madre era una donna meda di stirpe nobile (figlia di Astiage, re dei Medi), mentre suo padre era un semplice cittadino persiano (e, in quel momento, i Persiani erano sottomessi ai Medi) .

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