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Gli inferi regno del silenzio: la ninfa Lara

Giove si innamora follemente della ninfa Giuturna, la quale sfugge in ogni modo alle sue lusinghe. Un giorno, stanco delle umiliazioni cui l’amata lo sottopone, il dio raduna tutte le ninfe del Lazio e ordina loro di aiutarlo nell’impresa di possedere la ninfa. Acconsentono tutte tranne Lara, che aveva il grosso difetto di parlare troppo. Non solo avverte Giuturna delle intenzioni di Giove, ma riferisce tutto anche a Giunone. Giove, infuriato, le strappa la lingua e la affida a Mercurio perché la conduca agli inferi, luogo adatto ai silenziosi: da questo momento Lara sarà una ninfa della palude infera1.

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Enea e il mantello di Didone

Dalla loro prima unione nella spelonca, Enea e Didone non si sono più separati e la regina, presa dall’amore, si dimentica del regno e dei suoi doveri. I due amanti passano l’inverno nelle mollezze, rapiti da una vergognosa passione, finché la fama di quell’unione giunge alle orecchie di Iarba, il pretendente respinto, che sdegnato invoca l’intervento degli dèi. Lo sente Giove e ordina a Mercurio di richiamare Enea al suo destino: reggere l’Italia dopo un’aspra guerra, fondare dal nobile sangue di Teucro una nuova stirpe e sottomettere il mondo intero alle sue leggi. Mercurio scende rapido sulla terra e scorge Enea col mantello di porpora che Didone ha tessuto per lui, intento a fabbricare case per la sua regina, e lo investe con una dura invettiva, trasmettendogli l’ordine di salpare che viene direttamente da Giove. Scosso da quell’apparizione, Enea torna in sé e si decide a partire1.

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irieo_orione

Narra, così, di quando Giove e Mercurio, questa volta insieme a Nettuno, visitarono il contadino della Beozia Irieo, e lo ricambiarono dell’ospitalità rendendolo addirittura padre pur in assenza della moglie, morta da tempo. Fecondarono infatti con la loro urina, mescolata alla terra, la pelle di un bue da cui nacque un figlio, chiamato appunto Orione1.

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primo_lectisternium

«I duumviri dei sacri riti, fatto allora per la prima volta nella città di Roma un lectisternium, per otto giorni cercarono di placare Apollo, Latona, e Diana, Ercole, Mercurio e Nettuno, stesi su tre letti addobbati con la massima sontuosità che quei tempi consentivano. Tale sacrificio fu celebrato anche privatamente. Aperte in città tutte le porte delle case e posta ogni cosa all’aperto, a disposizione di chiunque volesse servirsene, si ospitarono i forestieri, a quanto si racconta, senza alcuna distinzione, noti e ignoti, e si conversò in modo affabile e bonario anche con i nemici; ci si astenne dalle dispute e dai litigi; si tolsero anche, in quei giorni, le catene ai carcerati, e ci si fece poi scrupolo di incatenare nuovamente coloro ai quali gli dei erano così venuti in aiuto».

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Mercurio e la preghiera dei mercanti

Tuttavia, Ovidio riporta nei Fasti1una preghiera molto interessante che i mercanti romani recitavano nel dies festus di Mercurio (15 maggio) – dio romano dei commerci ma anche, nella tradizione greca, dio dei ladri, celebre per aver rubato le vacche di Apollo2– presso una fonte dedicata al dio vicino a Porta Capena, non lontano dal Circo Massimo. L’aspetto forse più significativo di tale preghiera consiste nel fatto che essa è quasi interamente concentrata sulla richiesta dei mercanti di essere lavati, purificati, dal dio per i falsi giuramenti e gli inganni perpetrati in passato ai danni dei compratori, spesso chiamando proprio Mercurio a garante della bontà della merce messa in vendita. Subito dopo, tuttavia, i mercanti pregano il dio affinché sia loro lecito continuare a spergiurare al fine di ottenere nuovi guadagni) raggirando astutamente i clienti, mentre il dio, dall’alto, ride al ricordo del furto di bovini che egli stesso realizzò ai danni di Apollo.

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Lara, Giuturna e la punizione del silenzio

Ai primordi della storia di Roma, Giove viene preso da un amore smodato per la bella ninfa Giuturna, la quale però gli sfugge continuamente. Giove convoca quindi tutte le ninfe del Lazio e parla loro: faceva male Giuturna a negarsi al padre degli dei; agissero dunque nell’interesse della sorella e la bloccassero, impedendole di immergersi nelle acque del fiume. Le ninfe acconsentono alla richiesta di Giove. Tutte tranne una, Lara, una chiacchierona. Molte volte suo padre, il fiume Almo, le aveva detto di tenere a freno la lingua, ma lei non gli dava ascolto. Anche in quella circostanza Lara non riesce a trattenersi: corre subito al lago di Giuturna, le dice di fuggire e le riferisce le parole di Giove; poi, non contenta, fa visita anche a Giunone e le rivela che il marito ama la ninfa Giuturna. Si adira moltissimo il padre degli dei e per punirla le strappa la lingua. Non pago della terribile punizione, ordina quindi a Mercurio di condurla nella palude infera, tra i silenziosi1.

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