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Miti

Notte e Giorno come cicli del tempo

Questa concezione sembra essere sottesa alla generazione di Notte da Caos, che fu la prima entità esistente, e quindi di Giorno da Notte, unitasi con il fratello Erebo: Notte e Giorno non sono altro che due rappresentazioni del tempo in una delle sue basilari sequenze cicliche, ossia nell’alternanza giornaliera di oscurità e luce. E lo stesso può dirsi delle Ore (approssimabili alle stagioni), figlie di Zeus e Temi, che scandivano i ritmi delle opere degli uomini1. Secondo un’altra tradizione documentata nell’Eroico di Filostrato2, stagioni, mesi e anni potevano anche ridursi a pure convenzioni, scaturite dalla creatività di un inventore non divino, come il geniale Palamede: inventore delle lettere dell’alfabeto e, dunque, promotore di quel processo di “denominazione” che comportava la identificazione – cioè creazione – delle cose .

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Le lettere dell’alfabeto: dalla Grecia a Simonide

Secondo Igino, alle tre Parche, le divinità alle quali era affidato il destino di ogni singolo uomo, spetterebbe l’invenzione di sette lettere dell’alfabeto: la alfa, il beta, l’eta, il tau, la iota e la hypsilon. Fu invece una figura mitica, Palamede, figlio di Nauplio, colui che inventò altre lettere dell’alfabeto (per la precisione, undici). Un altro personaggio (storico, questa volta), il poeta Simonide, nato a Ceo verso la metà del VI secolo a.C, ne inventò quattro: l’omega, la epsilon, la zeta e la phi. Altre due lettere (il pi e la psi), che portarono il totale a ventiquattro, sarebbero state infine inventate da un poeta comico, Epicarmo, nato a Siracusa qualche decennio dopo Simonide.

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Palamede e le lettere scoperte dalle Muse

Tra i grandi inventori del mito Palamede occupa di sicuro una posizione di primo piano. Molte sono le invenzioni che gli vengono attribuite: la divisione del tempo (i mesi, le stagioni, gli anni) ; la ripartizione dei tre pasti della giornata; i pesi e le misure; i gradi dell’esercito; il denaro; i giochi (in particolare, gli scacchi); e soprattutto, le lettere dell’alfabeto. Al riguardo, esiste una storia curiosa. Un giorno, mentre i principi achei erano riuniti in assemblea, uno stormo di gru attraversò il cielo, disposto nella sua forma consueta a triangolo, quasi a mostrare la lettera dell’alfabeto nota come delta. Allora Odisseo (che detestava Palamede, per una lunga serie di motivi – tanto che in seguito fu il responsabile della sua morte) gli disse: «Vedi? Con la particolare figura che compongono quando volano, le gru sono la palese dimostrazione che sono state loro, e non tu, a inventare le lettere!». Ma senza scomporsi Palamede gli rispose così: «Odisseo, è vero quello che dici: non sono stato io a scoprire le lettere, sono state loro a scoprire me. Giacevano da tanto tempo inutili nella dimora delle nove Muse: avevano bisogno di uno uomo saggio, di uno uomo come me, che le portasse alla luce. Ed è proprio per questo motivo che, dopo avermi scoperto, mi hanno chiesto di diffonderle. Lo sanno tutti che la divinità si serve di uomini saggi per portare alla luce questo tipo di cose».

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