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Miti

Demetra nutrice divina

Demetra arriva a Eleusi e, nelle false sembianze di una vecchia, viene accolta nel palazzo dei sovrani Celeo e Metanira. Qui la donna è incaricata di allevare Demofonte, figlio ultimogenito della coppia, finché questi non abbia raggiunto la piena giovinezza. Per sdebitarsi della benevola accoglienza, la dea riserva cure speciali al piccolo: non somministra alcun cibo né latte materno; di giorno, unge con ambrosia il suo corpo e vi soffia sopra, mentre durante la notte lo immerge completamente nel fuoco. Grazie a queste operazioni il bambino cresce simile nell’aspetto agli dèi, e se la pratica fosse proseguita sarebbe diventato immune dalla vecchiaia e immortale. Una notte, però, Metanira decide di spiare l’operato della nutrice. Impaurita alla vista del figlio immerso nel fuoco, con un grido interrompe il rituale, che risulta in tale modo vanificato: Demofonte non potrà più sfuggire al destino di morte1. Secondo una diversa versione, il bambino non sopravvive: Demetra, udendo l’urlo di Metanira, lo lascia cadere nel fuoco e Demofonte muore bruciato dalle fiamme2, oppure la dea, in preda alla collera, uccide volontariamente il piccolo di propria mano3.

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Demetra insidiata da Poseidone

Errando alla ricerca della figlia, Demetra fu inseguita dal signore del mare, desideroso di unirsi a lei. La dea mutò il proprio aspetto in cavalla e si mise a pascolare insieme ad altre. Poseidone, scoprendo di essere stato ingannato, mutò anche egli il suo aspetto nella forma di un cavallo per accoppiarsi finalmente alla dea che s’infuriò per l’accaduto1.

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Teogonia esiodea

All’inizio ci sono Chaos, l’abisso originario dell’informe e dell’indefinito, poi Gaia, la Terra, potenza primordiale che costituisce l’assise dell’universo a venire, quindi Eros, che senza avere discendenza propria è tuttavia la potenza indispensabile per mettere in moto la dinamica delle filiazioni divine, avviando così il processo teogonico. Chaos mette al mondo Notte ed Erebo, e dall’unione di questi nascono Etere e Giorno: l’oscurità e la luce, nello spazio e nel tempo, vengono a costituire le coordinate essenziali in cui l’universo può prendere forma. Gaia mette al mondo per partenogenesi i Monti, che articolano la sua superficie, Ponto, il salso Mare che si agita negli abissi terrestri, e Urano, il Cielo che la sovrasta definendone il limite superiore. Unendosi a Ponto, la Terra primordiale genera una serie di potenze legate al mondo acquatico, talvolta benevole talvolta mostruose. Dalla sua unione con Urano sono generate la maggior parte delle entità divine che strutturano l’universo, tra cui: Oceano, il fiume divino che circonda la terra, delimitandola, ed è, con Teti, all’origine delle acque dolci; Iperione, "Colui che si muove in alto" e Theia, "Divina", che unendosi danno vita a Sole, Luna e Aurora, specializzando così nella discendenza le prerogative evocate dai rispettivi teonimi. Gaia e Urano non solo costituiscono la coppia primordiale Cielo-Terra, ma sono anche i capostipiti della dinastia divina regnante. Oltre a generare Ciclopi e Centimani, terribili divinità che rappresentano la potenza delle armi e della forza bruta, essi mettono al mondo i Titani, il più giovane dei quali, Crono, evira Urano su istigazione della stessa Gaia, adirata con il figlio e sposo che respingeva nelle viscere della terra la loro prole. La dinamica cosmogonica e poi teogonica si articola infatti, nel poema di Esiodo, con il mito di successione che vede Crono impadronirsi del potere e diventare sovrano degli dèi, per poi essere detronizzato da suo figlio Zeus. Per conservare il proprio potere, Crono ingoiava i figli generati dall’unione con la sposa e sorella Rea, ma questa, grazie all’aiuto di Urano e Gaia, riesce a salvare il loro ultimo nato, Zeus, destinato a diventare il re degli dèi. I fratelli e le sorelle di Zeus (Ade, Poseidone, Era, Demetra ed Estia) formano la prima generazione degli Olimpi, e una volta liberati dalle viscere di Crono entrano in azione al fianco dell’erede designato. Grazie a una attenta politica di alleanze, e all’aiuto di Ciclopi e Centimani, Zeus riesce a sconfiggere Crono e i Titani, e a rinchiuderli per sempre nella prigione infera, il Tartaro. Gaia genera però proprio con Tartaro un nuovo dio, Tifone, quintessenza di tutte le forze caotiche e distruttive, che Zeus sconfigge in singolar tenzone, dimostrando così di possedere la forza necessaria per salvaguardare il cosmo anche dalla più terribile minaccia. Gli dèi tutti gli conferiscono allora, su consiglio della stessa Gaia, la dignità sovrana, e il re degli dèi procede quindi come promesso a ripartire gli onori tra le varie divinità in funzione delle prerogative di ciascuna. Zeus non solo stabilizza il mondo divino, ma anche ne espande e ne precisa le articolazioni attraverso un’accorta strategia matrimoniale, che è all’origine della seconda generazione degli Olimpi: sotto il regno di Zeus, vengono alla luce gruppi divini quali le Moire, le Cariti, le Muse, ma anche Apollo e Artemide (nati dall’unione con Leto), Persefone (la figlia generata con Demetra e poi concessa in sposa al fratello Ade), Atena (partorita da Zeus dopo che questi si era incorporato la dea Metis: vedi sopra), e altri dèi ancora. Zeus prende Era quale “ultimissima” sposa, e con lei dà alla luce, oltre a Ilizia, Ares, il guerriero divino, ed Ebe, la giovinezza fatta dea. La regina non genera tuttavia un erede al suo re: quello che per una coppia sovrana "normale" rappresenterebbe un punto di debolezza, diventa sull’Olimpo un punto di forza, posto a garanzia dell’eternità del regno di Zeus. La famiglia degli Olimpi continua comunque ad allargarsi con l’introduzione degli ultimi figli di Zeus: Hermes, il dio nato dall’unione con Maia, Dioniso nato immortale dall’unione con una donna mortale, Semele, e infine Eracle, nato mortale, ma destinato eccezionalmente a diventare dio.

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Rapimento di Persefone

Persefone raccoglie fiori bellissimi presso Nisa quando Ade, signore degli Inferi, balza dal sottosuolo con il suo carro d’oro e la rapisce. La vergine continua a invocare la madre per tutto il viaggio, finché Demetra ne sente l’eco e un dolore acuto le colpisce il cuore. Senza mangiare né bere né lavarsi, la dea vaga alla ricerca della figlia finché, venuta a sapere del rapimento, adirata, rifiuta di far emergere il raccolto dalla terra e di tornare nell’Olimpo finché la figlia non sia liberata. Zeus infine cede alla pressione di Demetra e lascia che la figlia torni da lei. Persefone però ha già mangiato il frutto di Ade, il melograno, e per questo resta legata agli Inferi, dove dovrà tornare e rimanere con il suo sposo per un terzo dell’anno, mentre il tempo restante potrà trascorrerlo con la madre1.

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Demetra addenta Pelope

Per mettere alla prova l’onniscienza degli dèi, Tantalo uccise il figlio Pelope, lo fece a pezzi, lo cucinò in un calderone e lo diede da mangiare agli dèi. Zeus si accorse dell’inganno, ma non fece in tempo a impedire che Demetra, turbata per la scomparsa di sua figlia Persefone, che era stata rapita da Ade, ne mangiasse un pezzo corrispondente alla spalla. Per porvi rimedio, Zeus ordinò che il corpo di Pelope fosse ricomposto nella pentola nella quale era stato cotto e fece sostituire la spalla originale, ormai incautamente divorata da Demetra, con una spalla d’avorio. Per aver cercato di ingannare gli dèi, Tantalo fu condannato per l’eternità a non poter mai soddisfare né la fame né la sete: sprofondato nelle profondità del Tartaro, era immerso in uno stagno fino al mento (ma l’acqua si ritirava tutte le volte che Tantalo si chinava per berla) sotto le chiome di alberi cariche di frutti dolcissimi (ma i rami si alzavano tutte le volte che Tantalo cercava di afferrarli).

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Persefone e la nascita delle stagioni

Ade, signore degli inferi, si innamora di Persefone, figlia di Demetra, e decide di rapirla e di portarla con sé sottoterra. Demetra, dea delle messi, abbandona allora l’Olimpo e parte alla ricerca della figlia; in tal modo, però, essa trascura qualsiasi altra incombenza e viene meno alle sue funzioni, privando gli uomini e le divinità dei frutti della terra e delle libagioni da essi garantite. Scoperta infine la responsabilità di Ade, grazie all’intervento di Zeus si giunge a pattuire la restituzione di Persefone alla madre, al fine di ripristinare la produttività del suolo. Durante la sua permanenza presso Ade, però, Persefone – per scelta o per inganno, a seconda delle versioni – ha assaggiato un chicco di un melograno dei giardini del sovrano infero, condividendo in tal modo il cibo dei morti e finendo per instaurare un legame indissolubile con quel regno sotterraneo. Ma anche a questo incidente gli dèi seppero escogitare una soluzione: Persefone avrebbe vissuto per due terzi dell’anno con la madre sull’Olimpo e per un terzo con il consorte negli inferi (o, secondo un'altra variante, per metà anno con l’una e per metà con l’altro)1.

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