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Morte di Eurialo e Niso

La notte era fitta, tanto quanto quella boscaglia irta di cespugli e neri lecci. Si udivano, sempre più vicini, i cavalli, lo strepito e i richiami dei Rutuli bramosi di vendicare la strage compiuta dai due giovani amici, Eurialo e Niso. A un tratto quest’ultimo vide il compagno mentre si dibatteva sotto i colpi dei nemici che lo coglievano di sorpresa. Decide allora di gettarsi in mezzo alle spade affrettando una bella morte. Allora il capo della squadra, Volcente, ingannato dall’oscurità della notte e del luogo, avanza verso Eurialo, quand’ecco Niso gridare con tutte le sue forze: «Contro me solo volgete il ferro! È tutto mio l’agguato!». Ma il nemico intanto squarcia il petto di Eurialo. Inferocito, Niso si accanisce contro Volcente; non vede nemmeno i nemici che tutt’attorno si ammucchiano per fargli muro: in maniera fulminea affonda la lama nella gola del nemico urlante, ma mentre lo uccide muore anche lui. Proprio lì, sopra il cadavere dell’amico sul quale si lasciava cadere, trovò pace in una morte serena1.

Riferimenti interni

Riferimento : M. Biancucci, « La morte» in Bettini M. (a cura di), Il sapere mitico, Torino, 2021, pp. 38-43.

Fonti
  1. Virgilio, Aen. 9, 381-445

Commento

Le morti piú tristi sono
proprio quelle che colgono i bambini ancora in fasce o i ragazzi,
perché nutrono ancora tante speranze per il futuro.
La morte precoce di Eurialo e Niso è tuttavia mitigata dalle circostanze in cui avviene: il coraggioso combattimento in guerra, accompagnato da un ardore tipicamente giovanile e dalla disponibilità ad affrontare il rischio.
In questi casi la morte perde il connotato dell’imprevedibilità e si configura come una scelta consapevole che antepone al proprio interesse un bene considerato superiore, la salvezza della patria o quella del compagno; assume così, agli occhi dei Romani, i contrassegni della 'bella morte'.

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