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L'inospitalità dei Bebrici

Durante la traversata degli Argonauti verso la Colchide, Giasone e i suoi compagni giungono nel paese dei Bebrici, a ovest del Bosforo. Non fanno in tempo a sbarcare che l’arrogante e crudele signore locale, Amico, informa i nuovi arrivati sull’indegna legge del posto: gli stranieri non possono ripartire senza che uno di essi abbia affrontato Amico al pugilato. Offeso dalla mala accoglienza di Amico, Polluce – secondo la tradizione eccellente pugilatore – si offre volontario, e inizia così lo scontro. Alla forza bruta di Amico, che cerca di fargli paura continuando ad attaccare nell’intento di ucciderlo, Polluce contrappone la sua intelligenza (metis) che gli permette di schivare i colpi e si rivela infine vittoriosa: dopo aver compreso le mosse del nemico, l’eroe lo colpisce di soppiatto all’orecchio, spezzandogli il collo. Alla morte del loro sovrano i Bebrici cercano di vendicarsi, ma vengono rapidamente messi in fuga dagli Argonauti come pecore da un branco di lupi. La giornata si conclude con un inno intonato da Orfeo in onore dell’eroe1.

Riferimenti interni

Riferimento : A. Angelini, «L’identità collettiva : i Greci e gli altri» in Bettini M. (a cura di), Il sapere mitico, Torino, 2021, pp. 58-66.

Fonti
  1. Apollonio Rodio, 2, 1-160

Commento

Un’identità « ellenica » che accomunasse le numerose etnie di cui si componeva l’insieme delle città-stato venne elaborata dai Greci anche attraverso il mito. Importanti sono in questo senso i racconti che mettono in scena un confronto fra i Greci e gli « altri », stranieri ritenuti portatori di valori e tradizioni diverse.
Nell’episodio della gara di pugilato fra Amico e Polluce, si mette in scena il contrasto fra la forza bruta del bebrico e la tecnica dell’eroe greco, che lotta evitando i colpi
mentre studia le mosse del nemico: sono proprio queste le doti
che gli garantiscono la vittoria. La vittoria di Polluce su Amico
rappresenta dunque la celebrazione di valori specificamente
greci (la métis « intelligenza astuta ») sulla barbarie rappresentata da un combattimento esclusivamente incentrato sulla violenza dei colpi.
Ma l’aspetto essenziale intorno al quale il racconto è costruito e senza
dubbio la violazione delle leggi dell’ospitalità (xenía), che costituiva
uno dei cardini del sistema di valori ellenico.
Dal punto di vista dei Greci, ai Bebrici manca il senso dell’ospitalità, in ossequio del quale avrebbero dovuto accogliere gli Argonauti sopraggiunti, rifocillarli nonché onorarli con doni (xeineia) in grado di instaurare fra le famiglie degli eroi coinvolti una relazione reciproca e duratura, simboleggiata dalla tessera ospitale (symbolon). Non a caso il termine greco xénos indica in origine sia l’ospite sia lo straniero, a dimostrazione di come queste due categorie fossero in parte sovrapponibili.
Al contrario, i costumi bebrici prevedono il sequestro dei viaggiatori, rilasciati solo se vincitori nella gara di pugilato con Amico, l’arrogante e violento signore del luogo. L’episodio può essere confrontato con quello omerico di Odisseo e il ciclope (Odissea IX), dove Polifemo rappresenta lo straniero inospitale e violento, estraneo al codice morale della xenia greca.

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