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Numa, la carestia e il sogno ambiguo di Fauno

All’epoca di Numa, il secondo re di Roma, la città venne minacciata da una grave carestia. L’infertilità si era diffusa rapidamente ed era arrivata a colpire anche gli animali. Numa decise allora di consultare Fauno, il quale dava responsi nel sonno, di notte, nel cuore di un’antica selva. Qui si recò il saggio re, e seguì il rito: sacrificò due pecore, una a Fauno, l’altra al Sonno, e si distese quindi sulle pelli, pregando il dio con parole appropriate. La notte sopraggiunse, portando con sé sogni oscuri. Fauno apparve alla destra del giaciglio del re e pronunciò parole: la Terra era adirata e doveva essere placata con il sacrificio di due vacche; una sola, però, doveva offrire due vite. Numa si destò in preda al terrore e prese a passeggiare per il bosco sacro, pensando e ripensando a quell’ambiguo e oscuro responso – il cui significato sarà poi chiarito dalla ninfa Egeria sua sposa amatissima (gli venivano richieste le viscere di una vacca gravida, la quale, morendo, avrebbe offerto al sacrificio due vite). Il buon re obbedì agli ordini divini e pose così fine alla carestia1.

Fonti
  1. Ovidio, Fast. 4, 641 ss.

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