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Giano, la memoria e la moneta

Ovidio, nel primo libro dei Fasti1, sta descrivendo un dialogo tra lui e Giano, dio del primo mese dell’anno, apparsogli in visione. Tra le domande che il poeta pone al dio, una riguarda proprio il significato delle antiche monete da un asse dove anche Giano è ritratto. La risposta che Giano dà a Ovidio in merito alla presenza della sua effigie rimanda – piuttosto sorprendentemente per noi – alla capacità che ha la moneta, tramite i segni che riporta, di richiamare alla memoria dell’utente la cosa che su di essa è rappresentata. Giano sottolinea infatti che la presenza della sua immagine su monete, per il fatto solo di essere su oggetti che passavano per le mani di tutti i Romani, faceva sì che il suo nome avrebbe continuato a essere riconosciuto e ricordato in quella società. Il dio bifronte, poi, si sofferma a lungo sull’immagine della prua di nave che – come ritenevano «i più» menzionati da Plutarco – rimanderebbe proprio all’arrivo di Saturno sulla sua nave, e al suo approdo sul Tevere dopo essere stato scacciato da Giove. I saggi discendenti (bona posteritas) dei più antichi abitanti del sito di Roma avrebbero apposto sulle monete da un asse la prua di nave anche in questo caso per testimoniare (testificata), ricordare, l’arrivo del divino ospite di Giano.

Fonti
  1. 1, 229-240

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