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Erisittone e la Fame divina

Un giorno il re Erisittone, che era solito disprezzare gli dèi, profanò con la scure un bosco sacro a Cerere. Quest’ultima gli predisse una punizione, ma Erisittone portò avanti comunque il suo delitto. Tutte le Driadi allora, Ninfe degli alberi, pregarono Cerere di punirlo facendolo dilaniare dalla Fame. Questa ha capelli ispidi, occhi infossati, un pallore sul volto, labbra biancastre per l’inedia, fauci rognose per la muffa e pelle ruvida attraverso la quale si possono scorgere gli organi interni; dalle anche incurvate le sporgono ossa scarne, la magrezza fa apparire più grandi le articolazioni, le rotule delle ginocchia sono gonfie e i malleoli le sporgono con eccessiva protuberanza. Cerere acconsentì alla richiesta e, mentre Erisittone dormiva, Fame si insinuò in lui e sparse nelle sue vene una sensazione di digiuno. Al risveglio, un ardente desiderio di mangiare gli incendiò le viscere. Il re iniziò allora a cibarsi di ogni tipo di alimento, fino ad assottigliare le sue ricchezze, ma quella funesta fame non si attenuava e l’ardore della gola, impossibile da sedare, si manteneva vivo. Infine, poiché la violenza del male aveva consumato ogni risorsa, prese a strapparsi a morsi le sue stesse membra e a nutrirsi del suo stesso corpo1.

Fonti
  1. Ovidio, Met. 8, 738-878

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