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La guarigione miracolosa di Enea

Nel bel mezzo della battaglia, una freccia trafigge Enea. L’eroe perde sangue e avanza a fatica sorreggendosi sulla lancia. Iapige si adopera invano con la sua mano curativa e le potenti erbe di Febo e invano cerca di rimuovere con la pinza la punta del dardo. Venere allora, scossa per l’immeritata sofferenza del figlio, coglie sull’Ida cretese il dittamo, uno stelo folto di foglie che in cima ha una chioma di fiori purpurei, lo infonde nelle acque di un fiume e, impartendo su di esso in segreto un potere teurgico, vi spruzza un succo di salubre ambrosia e profumata panacea, un’erba usata come rimedio contro ogni male. Iapige, ignaro, cura la ferita con l’acqua di quella fonte e subito ogni dolore fugge dal corpo di Enea e l’emorragia si arresta. La freccia viene via senza sforzo, quasi seguendo la mano, ed Enea recupera le energie. Lo stesso medico avverte come dietro le sue mani agisca l’opera di un dio1.

Fonti
  1. Virgilio, Aen. 12, 318-323; 383-429

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