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Le corna di Genucio Cipo

Dopo una fortunata campagna militare, il pretore Genucio Cipo aspetta con il suo esercito fuori dalle mura della città, forse che il Senato gli conceda l’onore del trionfo. Specchiandosi nell’acqua di un fiume, si accorge però che inspiegabilmente gli sono cresciute delle corna sulla testa. L’aruspice consultato in proposito gli rivela che quelle corna simboleggiano il potere regale: se Genucio fosse rientrato in città, ne sarebbe diventato re e avrebbe regnato per il resto dei suoi giorni senza alcun pericolo. Il pretore convoca allora il popolo e il Senato e dopo essersi cinto di una corona di alloro, in modo da coprire le corna, dice di essere venuto a sapere che è lì presente qualcuno che attenta alla libertà della repubblica, riconoscibile dalla presenza delle corna sulla testa, e che costui diventerà re della città se non ne verrà cacciato. A questo punto tra la folla sbigottita si solleva un mormorio e tutti si domandano chi sia il misterioso individuo che rischiava di riportare la monarchia a Roma. A quel punto Cipo si toglie la ghirlanda dalla fronte, mostrando il segno che lo designava quale futuro re. A questa vista tutti abbassano lo sguardo e gemono al pensiero di doversi privare di un uomo così grande. Il Senato, presa coscienza dell’impossibilità di far rientrare il pretore in città, decide di concedergli tanta terra quanta egli fosse riuscito a circoscriverne con un solco in un solo giorno, dall’alba al tramonto1. In un’altra versione, Cipo vede spuntare le corna quando sta uscendo, vestito da generale, dalla porta della città; informato del significato del prodigio, decide di autoesiliarsi e di non fare mai più ritorno a Roma2.

Fonti
  1. Ovidio, Met. 15, 565-621
  2. Valerio Massimo, 5, 6, 3

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